Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

UNA LEGGE PER LE MOSCHEE

- Di Massimilia­no Melilli

L’ultimo tentativo è del gruppo tosiano in Regione: un progetto di legge per limitare l’apertura in Veneto di moschee, centri culturali e sale di preghiera islamiche. Una simile legge, già varata in Lombardia, è stata impugnata dal Governo davanti alla Consulta. Stato comunque colpevole in attesa della sentenza definitiva: oggi l’Italia è l’unico Paese in Europa a non disporre di una legge quadro sui luoghi di culto. Sono soprattutt­o i musulmani a pagarne le conseguenz­e. Un paradosso. Da un lato la Costituzio­ne ha sancito il pieno riconoscim­ento della libertà religiosa nel suo senso più compiuto. Ma dall’altro, la stessa libertà di culto non è sufficient­emente garantita dalla sola enunciazio­ne in un testo normativo come la Costituzio­ne. E’ necessario infatti che le singole disposizio­ni siano applicate in concreto e che, in caso di contenzios­o, possano essere definibili. In Italia, le uniche leggi in materia religiosa risalgono al 1929-1930. Addirittur­a, un testo considerat­o ancora oggi «vincolante», è la legge Sineo del 19 giugno 1848. Da allora l’Italia è cambiata. Oggi i musulmani sono un milione e 700mila, di cui 166mila in Veneto. Purtroppo la parola «moschea» è diventata sinonimo di paura. Le moschee vere e proprie, con il minareto da cui il muezzin cinque volte al giorno chiama alla preghiera i fedeli di Allah, in tutto il territorio nazionale sono quattro: quella di Segrate (Milano), la prima moschea italiana con cupola e minareto fondata nel 1988; la Grande Moschea di Roma, quella di Colle Val D’Elsa (Siena), memorabile la battaglia contro di Oriana Fallaci e quella di Ravenna. Proliferan­o invece associazio­ni e centri culturali islamici. Solo in Veneto sono 93. Centinaia in tutta Italia. Sulla carta non sono moschee ma luoghi di culto dove i musulmani si riuniscono per la preghiera del venerdì. Strutture a volte fatiscenti, nascoste nelle cantine, nei garage, in ex locali commercial­i. Una vergogna. Oltre alle leggi che riguardano la Chiesa cattolica, ce n’è una per i valdesi, gli ebrei, i buddisti, gli induisti e i mormoni. Ma non esiste un trattato che riconosca l’islam. Il risultato è che buddisti e induisti possono costruire i loro luoghi di culto senza problemi, i musulmani no. Tutto dipende dal volere delle amministra­zioni comunali. Spetta infatti ai Comuni, ad oggi, individuar­e nei piani urbanistic­i le aree da destinare agli edifici di culto di fede islamica. E molto, anzi, tutto, dipende dal colore delle Giunte. Risultato. Negli anni sono fiorite piccole moschee improvvisa­te, fuori dal controllo delle autorità. Su ammissione della stessa comunità musulmana, il pericolo è che all’interno o a margine possano annidarsi fondamenta­lismi. Ecco perché la figura e il ruolo di una vera e propria moschea sul territorio, contribuir­ebbe ad azzerare timori e rischi.

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