Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Senza lavoro e soldi, ma lo rifarei»
Lo sconforto di Mattielli: «Tutelati i delinquenti, non gli onesti»
Se sparerei di nuovo? Sì. In fin dei conti non sono io quello che ruba in giro
VICENZA Ermes Mattielli è rimasto oltre un’ora ad aspettare, immobile, che rientrassero i giudici per pronunciare la sentenza. Un tempo interminabile, in un silenzio desolante, a fissare il vuoto, guardare il soffitto, ad immergere il viso tra le mani. Poi la condanna. Una volta fuori dall’aula, senza il suo avvocato corso via per un’altra udienza, è un’anima in pena senza meta, stranito, alla ricerca dell’uscita. Visibilmente sconvolto, parla quasi a monosillabi, con lunghe pause.
Il collegio l’ha condannata...
«Sì, condannato. Questa è una mafia legalizzata, non ho altre parole».
Mafia legalizzata?
«Proprio così: tutelano cittadini».
i ladri, mica gli onesti
Sperava in un’assoluzione?
«La verità? No, non ci speravo. L’avevo già detto che della giustizia mi fido poco. Non ci speravo perché, come se dixe, can no magna can, xe
sempre la solita storia… Me ga capio?».
Il suo avvocato ha già annunciato ricorso.
«Non so, non so più che fare, io non ne capisco molto, mi affido a lui».
Risarcirà dunque i 135 mila euro?
«E come? Con quali soldi? Non so proprio come farò. È una cifra che non ne possiedo assolutamente, non ho più nemmeno un lavoro, lei questo lo sa, vero?».
Ma il suo deposito di ferrovecchio?
«Niente più: sono senza un lavoro, disoccupato. E per colpa loro. Mi hanno fatto chiudere l’attività: nove mesi di sequestro del deposito, un verbale per il materiale in giacenza da oltre un anno e per presunto inquinamento…».
Dica la verità: oggi sparerebbe di nuovo?
«Sì. In fin dei conti non sono mica io quello che va a rubare in giro».