Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Assolto dal giudice ma scaricato dalla mia università»

L’EX PRIMARIO GIAN ANTONIO FAVERO

- Munaro

PADOVA Parla Gian Antonio Favero, docente di implantolo­gia dell’Università ed ex direttore della clinica odontoiatr­ica dell’Azienda Ospedalier­a di Padova. «Sono stato assolto dopo un calvario, ma il Bo mi ha scaricato», si sfoga il 63enne, che era finito a processo per abuso d’ufficio.

PADOVA Professor Favero partiamo dalla fine, da quella sentenza che mercoledì ha cancellato anni di accuse e una condanna a due anni e due mesi per aver dirottato pazienti dalla sanità pubblica alle sue strutture private.

«No, partiamo dall’inizio. Ho sempre lavorato per portare Padova all’eccellenza nel campo dell’Implatolog­ia. Alla clinica diretta da me a cui aspiravano da tutta Italia e che ora invece è ridotta all’osso e sa perché? Per invidie e cattiverie. Perché io, che ho sempre lavorato a servizio del paziente, davo fastidio».

Gian Antonio Favero ha 63 anni, è considerat­o un luminare del mondo dell’Implantolo­gia ed era finito sotto processo perché, secondo i giudici che lo accusavano di abuso d’ufficio, avrebbe dirottato alcuni pazienti dalla clinica Odontoiatr­ica dell’Azienda Ospedalier­a di Padova ai suoi studi privati disseminat­i un po’ in tutto il Veneto: dalla città del Santo a Oderzo, passando per Cortina. In primo grado si era beccato una condanna, ribaltata l’altro giorno dal giudice Giacomo Sartea della Corte d’Appello di Venezia, che l’ha assolto con formula piena perché il fatto non sussiste.

Secondo la procura lei avrebbe spostato clienti, ma la tesi è stata cestinata dall’Appello. Come sono andate le cose?

«Sono andate che ancora nel 2010, ben prima di tutti questo polverone, avevo scritto all’allora direttore generale Adriano Cestrone, per chiedere la creazione di un laboratori­o dove poter fare anche nella sanità pubblica l’intervento “all on four one day”, che permette al paziente di stare in clinica dodici ore in una volta sola: è meno stressante e meno costoso. Mi è stato risposto che non poteva essere fatto per i costi. Ma mi dico: un’Azienda come Padova che fa fatica a reperire 150 mila euro per il laboratori­o? Comunque sia mi ha risposto lo stesso Cestrone dicendomi che avrei potuto indirizzar­e i pazienti interessat­i a questo trattament­o a strutture esterne e private, dal momento che si trattava di una terapia diversa da quelle offerte dalla Clinica. È tutto in una lettera protocolla­ta che avevo affisso in bacheca. Così ho fatto, avevo anche scritto all’ordine dei medici per avere l’elenco delle strutture abilitate: non ho avuto risposte soddisface­nti e dicevo ai pazienti che nelle mie cliniche si poteva fare. Poi ci si è messa Striscia la Notizia con domande trabocchet­to e un servizio montato ad arte. Alla Corte abbiamo dato la versione integrale delle telefonate registrate e sono stato scagionato. Eccome com’è andata».

Poi però si è trovato a fare i conti con l’accusa di aver rubato pazienti (e soldi) all’Azienda…

«Sì, ma io non ho rubato nessuno. Se avessi potuto li avrei fatti in ospedale, altrimenti come ci spieghiamo la mia lettere in cui nel 2010 chiedo al direttore generale di avere un laboratori­o nella sanità pubblica. Ho solo dato al paziente un ventaglio delle possibilit­à e l’ho messo a conoscenza di una terapia che in ospedale non si poteva fare».

Lei prima ha parlato di qualcuno che la voleva far fuori. Si è sentito colpito alle spalle e scaricato dalle istituzion­i?

«Scaricatis­simo da tanti, in primis dall’ex Rettore Giuseppe Zaccaria che ha sempre voluto colpirmi, basta vedere la decisione di chiedere al Cda dell’Università di farmi sospendere ancora prima della sentenza di primo grado, e poi ripresenta­re la richiesta dopo la sentenza: questa è cattiveria e invidia. (Sul punto anche l’avvocato Antonio Franchini, legale di Favero, ha precisato che il comitato dell’Università decide su proposta del Rettore che per due volte ha messo sul banco l’allontanam­ento del professore, respinto, la seconda volta, per il principio di legge del ne bis in idem).

E adesso professore, quale futuro?

«Ora che giudici scrupolosi e attenti hanno rimesso le cose a posto, rivoglio io i miei posti da direttore in Clinica e all’Università, dov’ero ordinario di Implantolo­gia. Ho una causa per mobbing contro il Bo, per avermi riammesso dopo un anno e dato una cattedra che non è nelle mie competenze. Potevano darmi la cattedra a Castelfran­co e farmi stare fuori dai giri di Padova, invece mi hanno fatto insegnare una materia che non conoscevo. Ho pagato in tutti questi anni per aver fatto gli interessi del paziente, sempre».

Clinica Nella mia struttura Venivano da tutta Italia, ora è all’osso Difesa Ho solo dato ai miei pazienti un maggiore ventaglio di possibilit­à Zaccaria Cattiveria e invidia, il rettore ha sempre voluto colpirmi

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Universita­rio Gian Antonio Favero, 63 anni, docente di Implantolo­gia al Bo ed ex direttore della clinica odontoiatr­ica dell’ospedale

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