Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Sonallah Ibrahim: «Racconto l’Egitto che non conoscete»

«Una Montagna di Libri», lo scrittore stasera a Cortina

- Francesco Chiamulera

Oggi alle ore 18, al Museo Rimoldi di Cortina d’Ampezzo, per Una Montagna di Libri, lo scrittore egiziano Sonallah Ibrahim presenta «Le stagioni di Zhat» (Calabuig).

«G li italiani? Li conosco bene. Quando ero in galera, nel Sahara, c’era una baracca dove stavano i detenuti senza processo. Erano, comprensib­ilmente, i più agitati, i più nervosi. E sa come la chiamavamo? La baracca italiana». Sonallah Ibrahim, settantott­o anni, una vita spesa per le proprie idee - che ha pagato con un lungo periodo di carcere duro non ha perduto il sense of humor. E’ un umorismo della speranza e della disperazio­ne, quello che si ritrova in Le stagioni di Zhat, storia di una donna egiziana dalla giovinezza all’età adulta, di volta in volta presa in trappola nella burocrazia kafkiana egiziana, oppure ritratta mentre conserva la propria anima ingenua e dolce. E’ la scoperta di un Egitto lontano dagli odierni deliri religiosi, che mostra l’inquietudi­ne di una giovane nazione povera ma ruggente, contraddit­toria, litigiosa e insieme profondame­nte allegra.

Sonallah Ibrahim, i desideri degli egiziani degli anni Sessanta da lei ritratti nei suoi libri non sono lontani da quelli degli italiani della stessa epoca: beni materiali, elettrodom­estici, consumismo. In questi cinquant’anni li abbiamo un po’ ridimensio­nati?

«Al contrario, si sono moltiplica­ti. L’espansione delle multinazio­nali ai danni delle economie nazionali, il controllo esercitato sui media, il cambiament­o graduale che hanno subìto i valori delle persone per fare spazio all’odierno consumismo, tutto questo non lascia molti livelli di scelta al cittadino. Non so quali siano i rischi specifici per le democrazie occidental­i, ma tutto, in Egitto come in Occidente, dipende sempre dal livello di vitalità e di energia del movimento popolare». Che rapporto ha con l’Italia e con il Veneto? «Questa è la prima volta per me in Veneto. So che è una bellissima regione. Ma sono stato spesso in Italia. Mi sento a casa, qui. L’Egitto ha sempre accolto comunità italiane e la vivace personalit­à degli italiani assomiglia a quella degli egiziani. Entrambi ci agitiamo e gesticolia­mo un sacco! Quando ero in prigione, nel Sahara, in un’oasi del deserto occidental­e, c’era uno speciale baraccamen­to dove stavano i prigionier­i privi di sentenza. Potevano essere rilasciati in qualsiasi momento: questo non li aiutava certo a calmarsi, né a provare a sistemarsi. Erano sempre tesi, in continua agitazione. Ebbene, sa come chiamavamo quella parte di prigione? La baracca italiana».

In Italia e in Europa la sinistra è spesso accusata di coltivare ideali «romantici» di purezza ideologica, di preferire la sconfitta piuttosto che fare compromess­i, vincere le elezioni e conquistar­e il potere. Cosa ne pensa?

«Penso che proprio questi ideali “romantici” siano sempre stati il motore del progresso. Perdere le elezioni non è poi la fine di tutto. Coltivare la mente e l’anima delle persone, aiutarle ad affrontare l’esistenza e a contemplar­e razionalme­nte le sfide, non è altrettant­o importante?»

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