Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Biennale college, le giovani speranze e le nuove frontiere
Presentate le 12 «squadre»: hanno raccontato i soggetti dei film che vogliono girare In novembre saranno selezionati tre finalisti: le loro pellicole saranno proiettate al Lido. Baratta: «Un esempio unico al mondo, saranno seguiti da professionisti»
AVenezia la fabbrica del cinema si chiama Biennale College. Ogni anno da qui escono tre nuove produzioni. Presentate alla Mostra del Cinema in anteprima, approdano poi nei migliori festival internazionali. «È una cosa unica al mondo», si dice orgoglioso Paolo Baratta, il presidente della Biennale. Lo ha ripetuto anche ieri, quando nelle sale di Ca’ Giustinian i 12 team selezionati (su 170 che hanno risposto alla call) hanno presentato i loro progetti. Ora hanno tempo un mese per trasformare i soggetti in sceneggiature. E il 23 novembre si conosceranno i migliori tre.
Per loro comincerà un lavoro a tappe forzate. A San Servolo li aspetta un gruppo di esperti: si troveranno a discutere scena per scena, dalla fotografia al casting, dalle riprese alla produzione, il suono e l’editing finale. Regista e produttore di ciascun film si troveranno tutto il progetto vivisezionato. «È questo che rende speciale l’iniziativa - sottolinea Baratta - Questi giovani non hanno solo un fondo con cui realizzare la loro idea, ma vivono un’esperienza di formazione: gli specialisti del settore li seguono durante tutte le fasi di lavorazione e post-produzione, anche a distanza». Realizzata con il sostegno del Ministero dei Beni culturali e della Regione, gode della collaborazione accademica dell’IFP di New York (l’Indipendent Filmmaker Project), del TorinoFilmLab e del coreano Busan Film Festival.
Biennale College è arrivata alla sua quarta edizione e i nove lavori finora usciti hanno ottenuto applausi da critica e pubblico dove si sono presentati. «Per noi è stata una sorpresa fin dalla prima edizione – racconta Alberto Barbera, il direttore della Mostra – Non eravamo neppure sicuri che riuscissero a coprire le spese con i
fondi disponibili o a finire la
pellicola in tempo, né che l’accoglienza fosse così entusiasta». Se infatti questi giovani hanno a disposizione solo 150 mila euro, la timeline è altrettanto stretta: dopo i tre workshop (uno appena chiuso, un secondo a dicembre e l’ultimo a gennaio), hanno poi una
manciata di mesi per realizzare il tutto, fino a far arrivare le pellicole sul tavolo di Barbera i primi di luglio.
Ieri i dodici avevano 7 minuti di tempo per presentarsi. Sono intime storie di vita quotidiana, come l’Albania delle vendette familiari dell’italiano Roberto De Feo o la Caracas povera di
Jorge Thielen Armand; una vedova in una piccola comunità americana di Tom Quinn o l’attesa della morte nella Varanasi di Shubhashish Bhutiani. Sono piccoli misteri: un morto sconosciuto per l’italiano Alessandro Aronadio o una donna che riappare d’improvviso per Sofia Brockenshire (Argentina). Un mezzo salto nel fantascientifico: l’uomo che si deforma del cinese Niu Han, l’umanità catatonica di Michael Curtis Johnson (Usa), gli astronauti di Adina Istrate (Romania), le identità virtuali dell’olandese Rolf van Eijk. E piccole avventure alterate come sogni, per gli inglesi Mark Ashmore e Tom Wilson. Come potrebbe evolversi a questo punto il College nel
prossimo futuro? «Ci siamo posti due questioni – dice Barbera - come sostenere la distribuzione e la circuitazione dei lavori e come replicare questo format
in altri contesti».