Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Salvini richiama la Lega: «Basta liti» E vuole Zaia più spesso nei salotti tivù
Il segretario: «Modello lombardo-veneto per l’Italia». Ma il «blocca Italia» non scalda i militanti
VENEZIA Dicono che Matteo Salvini si sia fatto sentire. Che abbia detto chiaro e tondo al politburo leghista riunito ieri in via Bellerio che è stanco di leggere sui giornali di beghe e sgambetti fratricidi (anche se poi davanti ai cronisti ha liquidato il tutto come «bazzecole»), che se qualcuno vuole attaccarlo lo può fare a viso aperto, senza prendersela con chi gli è vicino (il riferimento era all’articolo uscito sul Giornale dal titolo: «Salvini rischia di perdere il Veneto», in cui il veronese Lorenzo Fontana veniva bollato come «perdente»), che se c’è chi pensa di poter guidare il movimento meglio di lui basta che lo dica,e lui è pronto a farsi da parte nel congresso federale già in agenda per febbraio (ipotesi di scuola visto che dopo aver portato la Lega dal 3 al 16% i sondaggi ora gli affibbiano addirittura il 25%). Dicono che Giancarlo Giorgetti, l’eminenza grigia del Carroccio, lo abbia invitato ad essere più duro, se necessario. E dicono che ci sia stato pure un «sereno chiarimento» col governatore della Lombardia Roberto Maroni, con cui nell’ultima settimana vi erano state delle incomprensioni.
È invece un fatto, e va esattamente nella direzione indicata dai sussurri di cui sopra, che proprio Salvini e Maroni si siano poi presentati insieme in conferenza stampa, accanto al governatore del Veneto Luca Zaia. «Il fatto che siamo in tre, ribadisce che, a differenza degli altri partiti che begano e litigano al proprio interno, la Lega è una, la linea è una e l’obiettivo è uno: prendere un voto più di Renzi. Saremo compatti, anzi compattissimi» ha detto Salvini, subito spalleggiato da Maroni: «Il federale ha riconosciuto a Salvini quello che ha fatto, con l’impegno a sostenere la sua leadership nel movimento e non solo». Tutto benissimo, insomma, anche se in vista della tre giorni di protesta che si chiuderà l’8 novembre a Bologna (il «Blocca Italia» per Renzi, «la festa della liberazione dal governo delle tasse, la riscossa della gente normale» per Salvini) pare si stia incontrando qualche problema di mobilitazione, specie in Veneto. Lo avrebbe fatto presente il commissario Gianpaolo Dozzo, a cui avrebbe risposto sibillino Roberto Calderoli facendo presente che in Lombardia, pure commissariata con Paolo Grimoldi, i pullman si stanno invece riempiendo senza problemi.
Da Bologna dovrebbe partire anche la «fase 2» della strategia di Salvini in vista delle amministrative, quella che vuole affiancare all’azione destruens di protesta contro Renzi e il governo (di cui resterà monopolista in tivù e nelle piazze il segretario federale), un’azione construens di convincimento dell’elettorato sul fatto che la Lega, «a differenza del Movimento Cinque Stelle» fa notare un colonnello, sa anche ben governare. «Cambieremo l’Italia sul modello lombardo-veneto» ha detto Salvini. Una «fase 2» che farebbe perno anche (e soprattutto) sul ricorso massiccio in tivù ai «volti buoni della Lega», a cominciare da Zaia e Giorgetti, «gli incravattati». «La Lega costruito un business-plan con un progetto serio di governo - ha detto non a caso ieri Zaia - Siamo preoccupati per questa corrente anche culturale di neo centralismo che parte da Roma e che dobbiamo contrastare facendo gli amministratori delegati del territorio».
Della comune battaglia per l’autonomia, invece, non si sarebbe parlato, rinviando l’argomento a lunedì prossimo. Salvini avrebbe soltanto ribadito che non esiste alcuna ipotesi di cambiare il nome (Lega Italia o Lega Nazionale) o il simbolo e che il movimento resta «federalista, autonomista e indipendentista». Intanto Zaia avverte tutti a mezzo Twitter «autonomia, batteremo la strada della negoziazione art. 116 della Costituzione ma anche della domanda ai cittadini col referendum».