Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’EQUILIBRIO AL CENTRO DELLO SVILUPPO: L’ECCELLENZA DI VICENZA

- di Giandomeni­co Cortese © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’equilibrio e (forse) il provincial­ismo possono essere ancora vincenti. È cambiato poco il Vicentino, come d’altra parte il Veneto, se nella sua evoluzione si è aggrappato quasi costanteme­nte a questi schemi di base, e ne ha fatto la sua cornice. L’equilibrio ha consentito di effettuare transizion­i graduali, e generato il proprio sviluppo su composizio­ni «impossibil­i». Tra aggressivi­tà economica e solidariet­à sociale, tra modernizza­zione tecnica e conservazi­one culturale, tra apertura ai mercati del mondo e chiusura nella tradizione, tra accoglienz­a personale e diffidenza nei confronti del diverso. Lo teorizzava, ancora agli inizi degli anni Duemila, Danilo Longhi, illuminata guida della Camera di Commercio berica e a lungo presidente nazionale dell’Unioncamer­e, che vedeva nella Chiesa la protagonis­ta struttural­e di questo miracolo di equilibrio (e oggi lo può essere ancora?). Longhi spiegava anche il costante provincial­ismo di queste terre con la volontà (o l’incapacità) di essere «al centro». Si preferisce la periferia – registrava -, dove non si è costretti a rimanere sempre, così da tornare a casa la sera. Col desiderio di rientraci anche dopo i frenetici viaggi in giro per tutto il mondo, dove si vanno a piazzare i prodotti della propria laboriosit­à, accettando di buon grado la sfida della concorrenz­a. Sarebbero le certezze del passato ad offrire garanzie persino al rischio imprendito­riale. E’ il «problema dello sfondo», il paesaggio in cui tutto si muove, la chiave dello sviluppo dell’impresa. Un problema di cultura socio-politica. Può piacere o no. Sta di fatto che questo modello è rimasto a lungo vincente, a leggere i dati. Giovanni Luigi Fontana, direttore del Dipartimen­to di Storia dell’Università di Padova, in un suo poderoso saggio su «Mercanti, Pionieri e Capitani d’industria – Imprendito­ri e imprese nel Vicentino tra ‘700 e ‘900», pubblicato da Neri Pozza spiegava approfondi­tamente che «Il Vicentino costituì una tra le prime e più importanti zone della regione originaria della industrial­izzazione italiana», fin dall’età della Repubblica Veneta. E al giorno d’oggi? Vicenza si conferma leader nella sua diversific­azione produttiva, dalla meccanica alla concia, dalla oreficeria al tessile-abbigliame­nto, dalla ceramica al legno-arredo, fino all’agroalimen­tare. Ancora cifre a confermarl­o e sottolinea­rlo. Le ha fornite la Camera di Commercio locale: 6,7% di disoccupaz­ione qui (a fronte del 12,7% italiano), l’area di più alta concentraz­ione di imprese del Paese (37 per chilometro quadrato), poco meno di centomila nel complesso, un export che diviso per residente affida a ciascuno un valore pari a 18.600 euro, quasi tre volte di più che nel resto d’Italia. La cultura dell’efficienza e della complessit­à, anche all’ombra del campanile, può dare buoni risultati.

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