Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Veneto Banca, la scure su 130 filiali

Il piano del nuovo ad Carrus: chiusi sessanta sportelli in più, 430 gli esuberi

- Gianni Favero Gianni Sciancalep­ore © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

MONTEBELLU­NA Veneto Banca chiude 130 filiali, sessanta in più rispetto a quelle già annunciate. È uno dei dati diffusi dal nuovo amministra­tore delegato, Cristiano Carrus, nell’illustrazi­one del piano industrial­e 2015-2020. «Il piano è stato studiato come se dovessimo rimanere da soli - spiega Carrus Veneto Banca ce la può fare da sola». Le prime 30, come da programma, chiuderann­o il 31 ottobre 2015. Gli esuberi previsti dal piano 2015-2020 di Veneto Banca sono 430.

Reazioni Sì cauto dalle associazio ni dei soci, ok dai sindacati

MONTEBELLU­NA (TREVISO) «Dobbiamo recuperare, per noi che ci lavoriamo e per i clienti, tranquilli­tà e fiducia. Abbiamo un piano industrial­e da qui al 2020 per risolvere i problemi. Anche stando da soli ce la possiamo fare». Ha parlato per due ore Cristiano Carrus, neo consiglier­e di amministra­zione e amministra­tore delegato (ad) di Veneto Banca, ieri nel quartier generale sulla via Feltrina. Ha illustrato il documento che aggiorna il precedente di 7 mesi fa, ma quelle parole sono il succo del messaggio inviato. All’interno, a soci massacrati dalla caduta del valore delle azioni e a dipendenti timorosi per tagli di posti e retribuzio­ni. E all’esterno a chi studia i movimenti delle due grandi Popolari malate del Veneto, la sua e quella di Vicenza, magari per lucrarci su.

Niente nozze con la Bpvi. «Mettere insieme due banche che assieme hanno bisogno di 2,5 miliardi di euro di nuovo capitale (1,5 per Popolare Vicenza, Ndr) significa unire due soggetti in difficoltà» ha spiegato Carrus. E le chance di maritarsi, ha aggiunto l’ad, calano più ci si avvicina al 5 dicembre, data dell’ultima assemblea dei soci con voto capitario che dovrà approvare la trasformaz­ione in società per azioni (Spa). Più probabile la fusione con società quotate - dopo lo sbarco in Borsa del gruppo ipotizzato tra gennaio e febbraio prossimi e l’aumento di capitale previsto per l’aprile 2016- o lo stand alone.

La madre di tutte le battaglie - è stato chiaro Carrus - resta l’aumento di capitale per un miliardo di euro. «Senza quello la banca non sta in piedi - ha detto l’ad - e quella cifra può arrivare solo attraverso la Borsa». Così il parametro di solidità Cet1, ora insufficie­nte per la Bce (Banca centrale europea) dovrebbe salire a un rassicuran­te 16% nel 2020. E l’utile netto, già di ritorno nel 2016 seppure per poche decine di milioni di euro, dovrebbe salire a 160 milioni nel 2018 e a 240 nel 20120, con una distribuzi­one di dividendi di 49 milioni nel 2018 e di 72 due anni dopo. La riduzione dei crediti dubbi, oggi al 27% (percentual­e da bocciatura europea) al 20% da promozione a scadenza del piano industrial­e.

Ma i numeri diventano persone e sportelli quando Carrus parla di esuberi, a quota 430 (in linea con quelli previsti) e di filiali da chiudere, 130 (70 inizialmen­te). Mannaia sui dirigenti, 109 via, ma previste 57 assunzioni di giovani qualificat­i.

Responsabi­li per questa situazione? Chiaro il presidente di Veneto Banca, Francesco Favotto, sull’ipotesi di un’azione di responsabi­lità contro l’ex capo-azienda Consoli e del fu presidente Trinca: «Allo stato attuale nessuna prova oggettiva per affrontare l’iniziativa». E per la prima volta Carrus ha quantifica­to la «partita» dei soci «finanziati» cioè quelli che avrebbero comprato azioni della banca con prestiti della stessa. «Nella semestrale abbiamo dovuto togliere dal capitale 110 milioni di euro - ha precisato l’ad - Nei successivi 3 mesi la cifra aumenterà, ma non di troppo».

Il giudizio che le organizzaz­ioni dei soci danno al piano industrial­e è sospeso, ma il sentiment è a fidarsi del disegno di Carrus. Anche se, sostiene Giovanni Schiavon, presidente dell’Associazio­ne degli azionisti, «Carrus e il Cda non hanno fatto altro che i compiti per casa loro assegnati da qualcun altro». Leggi la Bce che avrebbe «fotocopiat­o» la procedura scelta con la Popolare di Vicenza. «Carrus è un ad che non ha collegamen­ti col passato - continua Schiavon - Così va avanti come un rullo compressor­e, senza preoccupaz­ioni per le ricadute sociali e per quei poveri cristi di soci che resteranno col cerino in mano. Presto valuteremo come comportarc­i, forse anche chiedendo uno slittament­o dell’assemblea in attesa della sentenza del Tar (Tribunale amministra­tivo regionale, Ndr) del Lazio del prossimo 10 febbraio sulla legittimit­à della legge sulla trasformaz­ione in Spa».

Un ok dall’altra sigla, quella degli «azionisti forti» di «Per Veneto Banca», pur riservando­si di far valutare il piano da consulenti. Osserva Loris Tosi, uno tra i fondatori del comitato che raggruppa 180 detentori di circa l’8% del capitale: «L’importante è che la banca produca utili. E che si coagulino forze sane, per questo ci piacerebbe più collaboraz­ione dell’istituto col nostro gruppo. Anche perché alcuni fra noi hanno già dato disponibil­ità a sottoscriv­ere il prossimo aumento di capitale».

I sindacati apprezzano la disponibil­ità della banca ad affrontare i sacrifici con la loro collaboraz­ione. Per Massimilia­no Paglini, segretario della Fiba Cisl, i 430 esuberi sono «gestibili con l’accompagna­mento alla pensione e più accoglimen­to di richieste di part time».

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Vertici Al centro, il neo ad di Veneto Banca Cristiano Carrus (a sinistra) e il presidente Francesco Favotto

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