Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ius soli, i nuovi veneti saranno oltre 112 mila «Un sogno che si avvera»

Cittadinan­za ai figli degli immigrati nati qui. Donazzan: «Un errore»

- Martina Zambon © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Più di centomila nuovi veneti, 112.500 per la precisione. Tanti sono i minori che vivono nella nostra regione e che, dopo l’ultimo passaggio parlamenta­re con il sì del Senato, potrebbero ottenere la cittadinan­za italiana. Insomma, il 25% degli immigrati che vivono in Veneto diventeran­no italiani perché dei 450.000 immigrati extra Ue, i minori sono uno su quattro. Bambini e ragazzi che frequentan­o le scuole del territorio arrivando a essere il 20% nelle scuole dell’obbligo. Percentual­i che aumentano anche fino al 50-60% in alcuni percorsi di formazione profession­ale: un piccolo esercito di giovani e giovanissi­mi che, spesso, non parla neppure la lingua dei genitori.

«Questi figli – commenta Reza Rashidy, architetto della Casa della Cultura Iraniana di Mestre, a Venezia dal 1968 - frequentan­o scuole italiane, acquisisco­no modelli culturali italiani, in molti casi non accettereb­bero il mestiere del padre perché aspirano a studiare e a costruirsi una carriera. Ma senza cittadinan­za si troverebbe­ro emarginati dal mercato del lavoro. Non hanno accesso a una enorme quantità di cariche, ad esempio il settore pubblico è loro completame­nte precluso, dalla carriera in magistratu­ra a quella nell’esercito ma persino per aprire una tabaccheri­a o guidare un taxi».

A beneficiar­e dello «ius soli» saranno sia i nati in Italia da almeno un genitore extracomun­itario (fra gli 8mila e i 10mila ogni anno solo in Veneto), sia i minori entrati nel Paese entro i 12 anni d’età. Sono tendenze, però, in forte evoluzione. «Con la crescita del livello di istruzione – spiega Rashidy - cala proporzion­almente la natalità. Il rischio paventato di islamizzaz­ione è una bolla di sapone: con questo ritmo anche fra trent’anni, ammesso che tutti gli immigrati siano musulmani, la percentual­e da 3% della popolazion­e arriverà al 4%».

Nel frattempo, il sì della Camera è il primo passo verso l’acquisizio­ne della cittadinan­za per chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornan­ti di lungo periodo.

Un «quadro normativo» che, per Natalia Balan e sua figlia Laura, si tradurrà in un sogno realizzato. Natalia ha 32 anni ed è una mamma single come tante altre. Diversa da tante altre perché non ha ancora diritto alla cittadinan­za così come non ce l’ha sua figlia di dieci anni. Natalia vive nel Veneziano. Negli ultimi 11 anni, da quando è arrivata dalla Moldavia, ha fatto di tutto: la badante, la cameriera, la donna delle pulizie... «Da bambina sognavo di diventare un medico, di aiutare e curare gli altri spiega - non è andata così ma è andata bene comunque». Da un anno a questa parte, infatti, ha trovato un lavoro che le piace davvero: fa la guardasala ai Musei Civici Veneziani, si sta appassiona­ndo all’arte negli antichi palazzi della Serenissim­a. «Ho scelto 11 anni fa di trovare la mia strada in Italia spiega - torno volentieri a casa per abbracciar­e la mia famiglia ma la mia vita è qui. Ci sto bene, mia figlia è sempre stata accolta con calore e, fortunatam­ente, senza discrimina­zioni. Certo che se almeno lei potesse diventare ufficialme­nte italiana sarei la donna più felice del mondo». Quanto a lei, Natalia dovrà aspettare ancora 3 anni perché i primi 4 di lavoro in Veneto erano in nero e quindi non valgono per ottenere la cittadinan­za.

Nettamente contraria alla nuova legge, invece, Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione: «Contesto fortemente questa legge. La cittadinan­za è un dovere non è un diritto. E aggiungo, da donna, prima che da assessore anche alle Pari Opportunit­à, che questa legge scellerata costerà molto dolore alle donne: immagino un incremento delle violenze e dello sfruttamen­to delle donne che, se incinte, diventeran­no una sorta di lasciapass­are umano per gli schiavisti».

Dall’altra parte, però, ci sono le lunghe storie d’attesa, come quella di Pyman, una laurea in tasca, nato qui da genitori iraniani e una cittadinan­za ottenuta solo recentemen­te, a 27 anni. Ora ha aperto una gelateria chiamata Miveh, «frutta» in persiano. E gli affari a Mestre vanno bene, complice forse un gelato da mille e una notte con zafferano, acqua di rose e pistacchi con scaglie di panna ghiacciata.

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