Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Mose, 48 ore al processo Corsa ai risarcimenti
Molte le parti civili. Orsoni, Matteoli e Sartori vogliono cambiare giudici
VENEZIA Mose, a soli due giorni dalla prima udienza del processo, è corsa ai risarcimenti. Ci saranno l’Avvocatura dello Stato, la Regione, la Città metropolitana, il Comune di Venezia e un pacchetto di ambientalisti e comitati. E ancora. Il Consorzio Venezia Nuova e Mario D’Elia, avvocato già candidato sindaco che ritiene di essere stato danneggiato nel 2010 dai finanziamenti illeciti ricevuti – nell’ipotesi d’accusa – dal futuro sindaco Orsoni, Infine Mauro Scaramuzza, ad della Fip (gruppo Mantovani), vittima di una presunta induzione indebita dell’ex ad della Venezia-Padova Lino Brentan.
VENEZIA Ci sarà l’Avvocatura dello Stato, per conto della Presidenza del consiglio e dei tre ministeri che i pm avevano già individuato nel capo d’imputazione come parti offese: Economia, Sviluppo economico e Ambiente. Ci saranno la Regione Veneto, con l’avvocato bolognese Dario Bolognesi (e d’altra parte Luca Zaia l’aveva detto che sarebbe stato scelto un «esterno» alla nostra regione, in modo che fosse meno coinvolto possibile), la Città metropolitana con l’avvocato Giuseppe Chiaia, il Comune di Venezia con l’avvocato Luigi Ravagnan. Quindi ci sarà un pacchetto di ambientalisti e comitati: il Codacons con l’avvocato Ezio Conte, Legambiente con l’avvocato Luca Tirapelle, altre associazioni locali veneziane (con Ambiente Venezia in testa) con l’avvocato Elio Zaffalon.
Ci sarà il Consorzio Venezia Nuova, con gli avvocati Filippo Sgubbi (anche lui, fatalità, bolognese) e Paola Bosio. Infine ci saranno Mario D’Elia, avvocato che da numerose tornate si candida a sindaco di Venezia e che con il collega Michele Maturi cercherà di dimostrare di essere stato danneggiato nel 2010 dai finanziamenti illeciti ricevuti – nell’ipotesi d’accusa – dal futuro sindaco Giorgio Orsoni; e poi Mauro Scaramuzza, ad della Fip (gruppo Mantovani), vittima di una presunta induzione indebita dell’ex ad della Venezia-Padova Lino Brentan, deciso a costituirsi con l’avvocato Alessandro Rampinelli.
Una lista lunghissima, quella delle parti civili al processo del Mose, che si apre giovedì di fronte al gup Andrea Comez: tanti soggetti (e non sono esclusi colpi di scena last minute) che puntano a entrare nel processo per poterne uscire con un maxi-risarcimento danni. Se si contano poi i 12 imputati e i loro difensori (per tanti sono due), non è difficile immaginare che sarà un’udienza affollata, complicata, che l’ammissione delle parti civili sarà una delle partite più «calde», che fioccheranno le eccezioni delle difese. E non saranno le uniche, visto che alcune sono scontate e gup e pm (in udienza ci saranno Stefano Ancilotto e Stefano Buccini) le stanno già studiando.
In primis c’è quella che verrà presentata dalle difese di Altero Matteoli ed Erasmo Cinque, protagonisti del filone finito al tribunale dei ministri sulla presunta corruzione dell’attuale senatore (all’epoca a capo di Ambiente e poi Infrastrutture), attraverso i lavori per i marginamenti di Porto Marghera all’amico imprenditore e altre somme di denaro: già ai tre giudici del collegio entrambi avevano contestato la competenza veneziana, chiedendo che l’inchiesta fosse spostata a Roma, dove sarebbero avvenuti i passaggi di denaro. Inoltre i loro difensori accusano pubblico ministero e Guardia di Finanza di aver violato la legge costituzionale, compiendo indagini su un ex ministro e affidandole solo in un secondo momento all’organo previsto ad hoc dalla norma, cioè il tribunale dei ministri.
Giorgio Orsoni e Amalia Sartori, che da sempre si professano innocenti e dicono di non voler essere confusi con le tangenti del Mose (a loro è contestato solo il finanziamento illecito dal Consorzio), tenteranno di chiedere lo stralcio della loro posizione e un processo a parte al giudice monocratico, competente su quel reato. Entrambi, attraverso i loro difensori (Francesco Arata e Carlo Tremolada per l’ex sindaco, Franco Coppi e Alessandro Moscatelli per l’ex eurodeputato), hanno sempre dichiarato di volersi difendere con un processo pubblico.
Scelta che, secondo i rumors, dovrebbe essere condivisa da quasi tutti gli altri imputati. Competenza o meno, infatti, pare che saranno solamente un paio su 12 coloro che chiederanno una sentenza veloce con il rito abbreviato.
Uno è Brentan, che secondo le dichiarazioni di Scaramuzza, avrebbe costretto l’ad di Fip a non presentare un ricorso su una gara vinta dalla Sacaim, avendo in cambio poi dei subappalti, e a versargli 65 mila euro. «Ipotesi già messe in dubbio dal riesame e dalla Cassazione, per cui è probabile che chiederemo il giudizio allo stato degli atti», dice il suo avvocato, Giovanni Molin.
L’altro è Giovanni Artico, ex dirigente della Regione, accusato di essere stato al servizio gruppo Mantovani in cambio di favori, tra cui l’assunzione della figlia.