Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Mose, prime scintille in aula
Guerra di cavilli ed eccezioni. E l’ex sindaco Orsoni, sotto accusa, attacca uno dei pm
VENEZIA Ieri in aula ci sono state le prime costituzioni di parte civile: istituzioni, associazioni e privati, tra cui l’ex candidato alle Comunali di Venezia Mario D’Elia, che ha chiesto di chiamare al processo anche il Pd. Ma tra i cavilli ed eccezioni che riempiranno le prossime udienze sullo scandalo Mose, spunta una memoria dell’ex sindaco Giorgio Orsoni: chiede di annullare gli atti in cui è coinvolto il pm Paola Tonini, che aveva un contenzioso con lui. Stralciata la posizione di Piva per un problema di notifica.
VENEZIA Fin dall’inizio è stato evidente che quei cinque verbali – quattro tra il 25 e il 31 luglio, l’ultimo il 9 ottobre – sono il principale obiettivo dei difensori. Centinaia di pagine dove Giovanni Mazzacurati ha accusato mezzo mondo e che i difensori di tanti imputati cercheranno di smontare puntando sulle condizioni di salute dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, oggi affetto da demenza senile conclamata. Ma agli atti del fascicolo del gup Andrea Comez, che ieri ha aperto l’udienza preliminare del processo Mose (o meglio dei 12 che restano dopo i 33 patteggiamenti) con la costituzione delle parti civili, è arrivata nei giorni scorsi una memoria che attacca Mazzacurati e le sue accuse sotto un altro punto di vista, ma che rischia anche di alzare la tensione nel processo. Gli avvocati milanesi Francesco Arata e Carlo Tremolada, difensori dell’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, accusato di finanziamento illecito, hanno infatti chiesto al gup di rendere nulli tutti gli atti dell’inchiesta legati al pm Paola Tonini, uno dei tre magistrati (insieme a Stefano Ancilotto e Stefano Buccini) che sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Carlo Nordio hanno condotto l’inchiesta sul Mose.
La questione è divenuta nota lo scorso luglio, quando al tribunale civile di Venezia è spuntata una causa tra Orsoni e Tonini: il primo, notissimo avvocato prima che sindaco, aveva infatti difeso la seconda e il marito in alcune cause relative al loro patrimonio immobiliare, e lamenta il mancato pagamento di circa 70 mila euro di parcelle, di cui 30 mila riferibili anche al magistrato. Un contenzioso che, secondo i legali di Orsoni, doveva essere immediata causa di incompatibilità del magistrato, che invece – è scritto nella memoria – avrebbe condotto tutti gli interrogatori a Mazzacurati, chiedendo anche dei suoi rapporti con l’ex sindaco. E poco vale, secondo loro, che la posizione di Orsoni fosse poi stata separata dal fascicolo principale e che la richiesta di arresto non portasse la firma di Tonini: gli avvocati sottolineano che l’informativa di fine ottobre 2013 sui rapporti Orsoni-Mazzacurati è indirizzata comunque a lei, che peraltro il 25 giugno 2014 interrogò Stefano Tomarelli, rappresentante di Condotte, chiedendogli per un paio di pagine di verbale di quella definizione di «ingrato» data dall’ex presidente del Consorzio all’ex sindaco, proprio perché lo aveva sostenuto nella campagna elettorale, ma ora gli faceva la guerra sull’Arsenale. Episodi che secondo la procura non avrebbero profili di nullità processuale (anche perché spesso al suo fianco c’erano i colleghi), ma che secondo gli avvocati mettono in crisi quel principio secondo cui il pm dovrebbe cercare anche delle prove a favore dell’indagato. La difesa Orsoni, che ieri si è posizionata vicino a quella dell’ex eurodeputata Lia Sartori (avvocato Alessandro Moscatelli), quasi a sottolineare anche dal punto di vista spaziale una divisione con chi è accusato di corruzione, punta anche allo stralcio di fronte al giudice monocratico. «Noi andremo avanti per affermare l’estraneità dell’ex sindaco - ha spiegato ieri Arata - La scelta di inserire Orsoni nel processo principale allungherà i tempi e complicherà l’iter».
In realtà di questo si discuterà nell’udienza del 4 novembre, visto che il gup Comez ha deciso di dedicare le prime due, quella di ieri e quella del prossimo 29 ottobre, alle parti civili. Alla fine se ne sono costituite ben 19. L’Avvocatura dello Stato ha presentato le istanze per la Presidenza del consiglio e per il ministero delle Infrastrutture (committente del Mose). Le altre istituzioni che puntano a chiedere i danni sono la Regione, la Città metropolitana, il Comune di Venezia, poi c’è il Consorzio e una serie di associazioni ambientaliste e
non solo: il Codacons in realtà ha presentato 5 costituzioni (nazionale, veneto e tre cittadini), poi sono arrivate quelle di Legambiente, Italia Nostra, Wwf, Ambiente Venezia ed Ecoistituto del Veneto. Nel filone che riguarda Lino Brentan hanno presentato la richiesta sia la Fip Industriale che l’ex ad Mauro Scaramuzza. Infine si è presentato Mario D’Elia, candidato alle Comunali del 2010 a Venezia, che con il suo legale Michele Maturi è stato protagonista del principale «colpo di teatro» di ieri: la richiesta di chiedere i 560 mila euro di danni (cioè il finanziamento ilerrore lecito contestato a Orsoni) anche al Pd, «nella persona del segretario nazionale Matteo Renzi», accusato di non aver vigilato sulla corretta gestione della campagna elettorale. Giovedì prossimo tutte le parti civili passeranno al vaglio delle difese, che cercheranno di «farle fuori». La decisione finale, ovviamente, spetterà al gip.
L’altro colpo di scena, in un’aula piena di avvocati ma senza imputati, è stato lo stralcio della posizione dell’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Il suo difensore, l’avvocato Emanuele Fragasso, ha messo in luce un nelle notifiche fin dall’avviso di conclusione delle indagini e il gip ha accolto l’eccezione, rimandando gli atti ai pm, che già nel pomeriggio hanno inviato di nuovo l’atto. Per la nuova procedura ci vorranno una quarantina di giorni e Piva potrebbe essere processata a parte, da sola. Per lei, tra l’altro, incombe anche la prescrizione su buona parte delle accuse che risalgono al 2008. «Ma noi andiamo avanti puntando all’assoluzione», assicura Fragasso fuori dall’aula.