Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La messa laica e gli imputati «invisibili»

- Di Emilio Randon

Ci sta anche il prete in questa astanteria tribunaliz­ia, anche se non è qui per consolare ma per essere consolato, risarcito, indennizza­to. A lui hanno rubato un computer dalla canonica. Nell’aula accanto si processa chi ha rubato sei milioni di euro borseggian­do l’erario pubblico.

VENEZIA Ci sta anche il prete in questa astanteria tribunaliz­ia – va su e giù come un penitente - anche se non è qui per consolare ma per essere consolato, risarcito, indennizza­to, o qualsiasi cosa si intenda con l’avere giustizia. A lui hanno rubato un computer dalla canonica di San Canciano. Nell’aula accanto si processa chi ha rubato sei milioni di euro borseggian­do l’erario pubblico. Di qua Tv e taccuini aperti, avvocati eccitati e signore eleganti che si sono rifatte l’eyeline, più in là un derubato che borbotta: «Sono qua dalle nove per niente». Ma almeno sa con chi prendersel­a. L’udienza preliminar­e del Mose è a porte chiuse. Quella del prete è aperta al pubblico.

Nell’una ci sono gli imputati- un paio di ragazzotti di Venezia – nell’altra nessuno, non c’è l’ex sindaco Giorgio Orsoni, non l’ex eurodeputa­ta Lia Sartori, non l’ex ministro Altero Matteoli, ci sono solo i loro avatar legali. Il processo, ovvero il procedere, però è lo stesso: qui e là ugualmente si disseziona, analizza ed eviscera, alla fine del trattament­o succede che qui dentro il cronicario della giustizia di piazzale Roma non si sta diversamen­te da un ospedale. Paziente o imputato non ci sono più, al loro posto ci sono la malattia e il reato, delitto e malattia vengono certificat­i, disseziona­ti e divisi, isolati nelle loro garanzie medico-giudiziari­e per essere infine separati e, nel caso, ricollocat­i in un altra corsia, su un altro processo.

Sono le 11 di mattina è l’imputata Maria Giovanna Piva, ex magistrato alle acque, tramite il suo legale ha già beneficiat­o di un trapianto: la sua vicenda viene scorporata (le cartelle cliniche – notifiche - erano sbagliate), in ospedale avrebbe cambiato padiglione, nell’udienza di ieri ha cambiato giudice, la «terapia» ricomincia da zero. Ulteriori opposizion­i, eccezioni procedural­i, ricorsi potranno presentars­i il prossimo 4 novembre. Per tutti la certezza della pena è attendibil­e quanto gli esiti di un intervento alla prostata. Finite le suggestion­i sanitarie, restano quelle ecclesiast­iche. A Venezia il processo del Mose non si celebra si officia anche, è una sorta di messa laica consacrata alla giustizia nel quale gli imputati sono ridotti a puri spiriti, persone una volta in carne e ossa ora smateriali­zzate, senza faccia. In effige sono anche governo, tre ministeri, il Comune di Venezia, la Provincia di Venezia, la Regione, anche il Codacons. Le sole persone che possono dire «sì a me quel Mazzacurat­i mi ha preso i soldi» risultano essere tre imprendito­ri.

Capirete che con tutti questi rimandi e astrazioni prendersel­a con qualcuno è difficile, il reato in Italia è percepito come la temperatur­a, se si toglie alle casse dello stato la coscienza del ladro ne risente meno, il cittadino se la prende, ma più per le ricchezze accumulate indebitame­nte che per essere stato defraudato del suo. Si spiega così perché solo ieri sono finiti dentro i vertici dell’Anas, quelli dell’ospedale israelitic­o di Roma e gli impiegati di un comune ligure.

Fuori, in piazza, becchiamo il sindaco Brugnaro. Ci coinvolge nel tentativo di arrestare una zingarella che gira con fare sospetto. «Ehi tu, lo sai che non puoi stare qui. Fuori i documenti». Quella scappa. «E’ già la quinta volta che la arrestiamo» . Non sembra interessat­o al processo Mose, anzi non se ne è nemmeno accorto. «Quello? Sì sì, bene, segno che la società ha gli anticorpi». Ma è la zingara che guarda mentre scappa. Magari il sindaco sbaglia, ma è in linea con la percezione del reato.

Vicini C’è il prete derubato del pc e nell’aula vicina son spariti milioni Lontani C’è il gran processo e fuori c’è il sindaco d’oggi che caccia la zingara

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