Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Visuale inedita Da oggi, a Treviso, l’esposizione sul periodo giovanile del gigante di Toledo
N el 2014 un grande ciclo espositivo internazionale ha celebrato i quattrocento anni dalla morte di Dominikos Theotokopoulos, il talento misterioso e conturbante chiamato El Greco; ma nella evoluzione/rivoluzione artistica che portò il maestro di icone di Candia al genio dalla pittura disarticolata e immateriale di Toledo mancava il determinante decennio (1567 - 1576) trascorso in Italia tra Venezia e Roma. Con la mostra alla Casa dei Carraresi di Treviso, curata da Lionello Puppi, affiancato da Serena Baccaglini e un corposo comitato scientifico, l’indagine storica sull’arte di El Greco va a comporsi come un disegno unitario, ferma restando l’ardua, a volte irrisolta, indagine ricostruttiva della vicenda esistenziale dell’artista.
Pochissimi i documenti d’archivio che ne testimonino la presenza, certo resta il suo arrivo a Venezia nel 1567 dal possedimento Serenissimo di Creta, dove Dominikos, di famiglia ortodossa, esercitava con successo l’arte di pittore di icone, secondo lo stile veneto-cretese dei già noti Michael Damaskinos e Georgios Klontzas (ambedue coinvolti nelle decorazione della Chiesa di San Giorgio dei Greci), presenti con opere significative in mostra nella prima sezione accanto al Nostro con San Demetrio ( El Greco era ancora a Candia) e il magnifico Altarolo per un Miles Christi dalla Galleria Estense di Modena.
Dominikos, giunto in Italia grazie al fratello Manoussos, esattore della Serenissima a Creta poi caduto in disgrazia e condannato per pirateria, doveva contare su entrature di peso per essere introdotto nelle botteghe più esclusive e affermate della pittura veneziana del tempo, da Tiziano a Tintoretto e Jacopo Bassano. Da loro apprese la nuova maniera del dipingere, quella pittura senza disegno che attraverso il colore trasformava la luce in segno, che, sedimentata su un humus bizantino, avrebbe generato a breve il fenomeno unico e irripetibile della sua pittura.
Ecco dunque in mostra raffronti interessanti tra l’ Autoritratto di Tiziano dalla Galleria Palatina di Firenze, un Ritratto di giovane guerriero del Tintoretto (1548-50) e una serie di ritratti di gentiluomini di El Greco, prestiti da Londra e Montecarlo, tra cui il piccolo olio su tela che ritrae Giulio Clovio (dalla Schorr Collection di Londra) - il miniaturista dalmata che si spese a Roma presso il Cardinal Farnese per quel talentuoso «giovane candiotto discepolo di Titian» - vicino al Ritratto di vecchio, di recente attribuzione, che mostra già lo straordinario approfondimento del linguaggio nuovo di Dominikos. Ancora di Tiziano è esposto il San Giovanni Battista dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia e un grande olio su tela dal Museo Regionale di Trapani, San Francesco riceve le stimmate, del 1525 circa, fonti di linfa per il rinnovamento di El Greco che dipingerà il santo di Assisi per tutta la vita: in mostra un San Francesco, su rame da collezione privata accanto a una piccola tavola San Francesco che riceve le stimmate dalla Carrara di Bergamo.
Nel misterioso periodo veneziano – Puppi sostiene che Dominikos deliberatamente restò defilato se non nascosto Jacopo