Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Grandi mostre e nuovi spazi, la rinascita di Treviso
Il caso Oggi l’apertura del Bailo e Ca’ da Noal. Poi Escher a Santa Caterina. Il sindaco: «Spazi in sinergia, con la regia del pubblico abbiamo coltivato le tante idee dei privati»
Con la cultura si mangia? «Di sicuro si respira meglio. Poi certo, se ci si riesce pure a mangiare, tutto di guadagnato. Ci stiamo provando». Il sindaco di Treviso Giovanni Manildo si rigira tra le mani il nuovo logo dei musei civici della città, le tre finestre stilizzate di Santa Caterina, il Bailo e Ca’ da Noal, intersecate tra loro. È, o almeno vorrebbe essere, la rappresentazione visiva, plastica, di ciò che l’amministrazione sta tentando di fare in questi mesi, «mettere in sinergia gli spazi, liberare le energie, coltivare con la regia del pubblico le tante idee dei privati». Un po’ come suggerito dagli industriali durante la loro assemblea annuale, con un obiettivo ambizioso: «La rinascita culturale della città».
È, quello della cultura, un tema di cui a Treviso si discute con animosità alterna da almeno un paio di decenni, dominati dalla figura imponente di Dino De Poli e della «sua» Fondazione Cassamarca. Ora, complici le due mostre aperte pressoché in contemporanea (quella su El Greco, inaugurata sabato a Ca’ dei Carraresi e allestita proprio dalla Fondazione, e quella su Escher che inizierà sabato prossimo a Santa Caterina, promossa dal Comune) e la riapertura del museo Bailo dopo dieci anni di chiusura ed un restauro infinito, l’argomento torna di prepotente attualità.
Anche perché all’orizzonte c’è il confronto con Vicenza, che con Treviso condivide(va) la nomea di sonnolenta provincia ricca-e-borghese del Veneto, laterale rispetto alle «capitali» Venezia, Verona e Padova, e che proprio grazie alle «grandi mostre» e ad una storica riapertura, quella della basilica palladiana, è riuscita negli ultimi anni a rilanciare la sua immagine. «Grandi mostre» significa ovviamente Marco Goldin, che a Vicenza ha realizzato dal 2012, con i consueti numeri da record, «Raffaello verso Picasso», «Verso Monet» e «Tutankhamon Caravaggio Van Gogh», e che a ottobre 2016 tornerà a Treviso con una nuova trilogia: la «Storia dell’impressionismo», «Tiziano Rubens Rembrandt» e «Da Guttuso a Vedova a Schifano».
Com’è ovvio, il ritorno di Goldin, che tra il 1998 e il 2004 segnò la storia di Treviso col suo ciclo sugli impressionisti, porta con sé attese enormi (c’è perfino chi ha abbozzato 150 mila visitatori al mese per la Storia dell’impressionismo, un numero enorme), «ma non c’è solo Goldin – chiosa Manildo – e non c’è solo la pittura. C’è il Treviso Comic Book Festival, ormai un punto di riferimento nazionale per l’illustrazione e il fumetto, c’è il Festival Sole Luna dedicato al cinema e al documentario e c’è il Festival letterario Carta Carbone. E la musica, con l’Home Festival, a sostegno del quale realizzeremo il campeggio, Suoni di Marca, l’International Jazz Day. Tutti appuntamenti che portano gente in città in modo intelligente». Merito del Comune? Su questo Riccardo Barbisan, trevigiano, consigliere regionale della Lega, ha qualche dubbio: «Giovanni, direbbe Jovanotti, è un ragazzo fortunato. Il Treviso Comic Book Festival è alla sua tredicesima edizione. Il Bailo è stato restaurato grazie ai finanziamenti trovati dall’amministrazione Gobbo-Gentilini e lo stesso vale per la Chiesa di Santa Margherita, dove troverà posto la collezione Salce di proprietà dello Stato. La mostra su El Greco è stata voluta dalla Fondazione in antitesi a quella di Goldin e ora si sovrappone alla mostra di Escher con una dispersione di risorse e di promozione. E lo stesso Goldin, per tornare a Treviso, ha preteso che il Comune non si occupasse di nulla, ha persino affittato Santa Caterina». Per Barbisan, le uniche iniziative davvero riferibili alla giunta Manildo sono Sole Luna e Carta Carbone, «apprezzabili ma che certo non danno la cifra culturale della città». De Poli, a cui il Corriere del Veneto ha chiesto un commento anche alla luce delle difficoltà finanziarie attraversate dalla Fondazione, che ne hanno di molto ridotto la spinta propulsiva in questi anni, si limita ad un laconico: «Il tema della cultura a Treviso merita un’attenta riflessione». Di che tipo, però, non lo dice. «La delega data dal Comune alla Fondazione negli anni di Gentilini e Gobbo è stata un grave errore – affonda Manildo - ora noi vogliamo riprenderci il ruolo che ci spetta, a cominciare dal teatro comunale, visto che stiamo rinegoziando la convenzione con la Fondazione. Saremo più presenti al Del Monaco». Il ruolo è comunque quello del regista, visto che quanto ai fondi stiamo quasi a zero: 200 mila euro in bilancio nel 2014, dimezzati quest’anno. «Non si può più guardare al Comune come ad un erogatore di contributi – continua il sindaco – semmai è un aggregatore di risorse ed un facilitatore burocratico». Com’è accaduto per il restauro di Santa Caterina, 1,2 milioni di euro di cui 400 mila sborsati da Veneto Banca, Pinarello e Raccanello («Esempio concreto del buon funzionamento dell’art bonus») o con Escher, per cui la camera di commercio e le categorie hanno dato 200 mila euro. Una collaborazione che non sempre funziona, visto il pasticcio del contributo da 50 mila promesso proprio dalla camera di commercio a Tcbf, Sole Luna e Carta Carbone poi revocato tra mille imbarazzi, ma imprescindibile, se si pensa che Santa Caterina, totalmente sottovalorizzata (chi è mai andato lì a vedere Tommaso da Modena?), non va oltre 6 mila visitatori l’anno. In questo senso, non si può non guardare alle Fondazioni di Benetton e Zanetti come ossigeno puro.
E dunque con la cultura non si mangia? «Non sono d’accordo – chiude Manildo – tutti i dati ci dicono che con i grandi eventi in città si lavora di più, in alcuni settori con punte del 3040%. E nuove opportunità si aprono nei rapporti con Venezia e l’area metropolitana. Venezia deve rilasciare un po’ della sua magia e con Brugnaro il dialogo è aperto». Nell’attesa, spasmodica, del «fenomeno Goldin», che secondo il professore di Ca’ Foscari Alessandro Minello creerebbe sul territorio un indotto di 37 milioni di euro. Ma lui si schermisce: «Penso che 15 milioni sia un orizzonte più verosimile».