Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il pasticcio della legge elettorale la Regione avvia la revisione
Sotto accusa l’attribuzione dei resti. Ciambetti: «Uffici al lavoro, aspettiamo indicazioni dal Tar»
del ragionamento normativo. La prima ripartizione dei seggi viene effettuata a livello regionale. Dopo aver individuato il governatore risultato vincente ed il candidato presidente arrivato secondo, viene svolta una prima divisione dei 49 scranni rimanenti tra coalizioni e liste ammesse, in modo da assicurare l’attribuzione del premio di maggioranza. Stabilito il numero di poltrone che spettano a ciascuna lista, si procede quindi alla loro distribuzione nelle sette circoscrizioni provinciali (2 consiglieri ciascuna per Belluno e Rovigo, 9 per tutte le altre). Con questa duplice modalità: attribuzione dei seggi a quoziente intero nelle circoscrizioni, attribuzione dei seggi residuali a livello regionale sulla base dei resti.
Proprio qui però il meccanismo si è inceppato. Tra l’iniziale prospettazione del ministero dell’Interno, la prima proclamazione da parte dell’Ufficio centrale regionale della Corte d’Appello e l’annullamento in autotutela di tale verbale con la definitiva (per ora) ratifica degli eletti, le interpretazioni sono già state tre, al netto degli 11 ricorsi ancora pendenti davanti al Tribunale amministrativo regionale. «Basta così - riconosce Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale - tant’è vero che, sulla spinta anche del parere di diversi colleghi, ho già messo in moto gli uffici per verificare le debolezze della legge, in attesa che dalle sentenze del Tar possano arrivare indicazioni utili sulla direzione da prendere». I tecnici al lavoro sono quelli dell’ufficio legislativo del Ferro Fini e dell’ufficio riforme istituzionali del Balbi, ma è già stato interpellato pure Paolo Feltrin, coordinatore dell’osservatorio elettorale, in vista dell’incardinamento della modifica in commissione Politiche Istituzionali. «Prima di assumere una decisione sarà opportuno aspettare la valutazione dei giudici sui punti critici del testo vigente - sottolinea il politologo - anche perché abbiamo tutto il tempo di fare le cose per bene. Di certo comunque sarebbe molto rischioso e poco saggio andare di nuovo a votare con una legge elettorale che si presta ad ambiguità».
A chiedere la riscrittura della norma sono anche i ricorrenti. «Sono fiducioso sull’esito della causa che ho avviato dopo essere stato defraudato dell’elezione, ma concordo sull’opportunità di mettere mano alla legge», dice il padovano Tiberio Businaro (Zaia Presidente). «Avremmo voluto correggerla già nella scorsa legislatura, ma saremmo stati accusati di voler Regioni, senza preoccuparsi se queste dovranno aumentare i ticket o cancellare le prestazioni».
Che ne è di costi e fabbisogni standard?
«Appunto. Il ragionamento è: più alto è il Pil, maggiore è il taglio. In questo modo vengono penalizzate le quattro Regioni virtuose, fra cui il Veneto, che hanno i migliori sistemi sanitari, invece di combattere gli sprechi».
È un problema solo delle Regioni?
«No, è molto più generale, purtroppo. Prendiamo ad esempio i sindaci, ormai ridotti ad esattori dello Stato, secondo un meccanismo assolutamente perverso che destituisce i princìpi della democrazia locale. Il fatto è che lo Stato si trincera dietro la logica stantia degli sprechi regionali e comunali e abusa di questa retorica per imporre tagli lineari oltre i livelli di sostenibilità, danneggiando così le realtà virtuose».
C’è una volontà politica dietro tutto questo?
«Direi piuttosto un’assoluta mancanza di disegno politico. Pensano che la ricentralizzazione sia la ricetta per i mali del sistema, sfasciando anche l’autonomia di chi sa farla funzionare».
Dimissioni irrevocabili, quindi?
«Tornerei indietro solo a due condizioni: introduzione dei costi e dei fabbisogni standard e definizione dei livelli essenziali. Dicono che lo faranno nel 2016? Sono un po’ scettico...». fare campagna elettorale, per cui ben venga un intervento adesso», aggiunge Rolando Bortoluzzi (Indipendenza Noi Veneto). Il centrista Marino Zorzato, uno degli eletti a rischio, non si scompone: «Sono stato il più votato della mia lista nella provincia in cui Area Popolare è andata meglio. Ma non vedo tutta questa fretta nel cambiare la legge: chissà da qui al 2020 quante altre ne capiteranno».
Feltrin Sarebbe rischioso e poco saggio andare di nuovo a votare con una legge elettorale ambigua