Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Undici gruppi venetisti pronti a creare l’Authority della lingua E scende in campo anche Zaia
LA LEGGE SULLA MINORANZA LE CONSEGUENZE Videomessaggio del governatore, replica del Pd: «Clientelismo»
VENEZIA Non è passata neppure una settimana dal giorno dell’approvazione in consiglio regionale della legge sulla «minoranza veneta» e già si fa avanti la prima «aggregazione di associazioni adeguatamente rappresentative» (così l’aveva tratteggiata in aula il relatore Riccardo Barbisan) pronta a costituire l’Authority che di qui in avanti dovrebbe raccogliere le richieste di adesione all’albo della minoranza per poi «valutare», non si sa bene in base a quali criteri, chi meriti l’iscrizione e chi invece no.
Nulla di improvvisato, sia chiaro. A dare notizia della costituzione di questo rassemblement venetista è infatti Roberto Agirmo, già capolista a Venezia per «Indipendenza noi Veneto con Zaia», che martedì, giorno dell’approvazione del progetto di legge 116, ha seguito passo passo dibattito e votazione a Palazzo Ferro Fini al fianco dell’ideatore del provvedimento, Loris Palmerini (presidente di quell’Istituto Lingua Veneta che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto essere l’Authority in questione). «Gli aspetti intrinseci della legge avranno una portata decisamente più complessa, ampia e di radicale interesse del semplice bilinguismo, non solo per il Veneto ma per l’Italia - spiega Agirmo -. Le norma, per essere applicate, prevedono che venga costituita questa “Aggregazione di associazioni” ed è ciò che noi stiamo facendo. Mercoledì, a Marcon, nel Veneziano, si sono riunite undici sigle tra le più importanti e riconosciute in Veneto, rappresentative di circa 20 mila veneti iscritti (per dire, più della Lega, che tra militanti e sostenitori non supera le 16 mila persone, ndr.), e altre sono in procinto d’accedere all’assemblea». Il clima, riferisce Agirmo, è positivo: «C’è totale unità d’intenti. La coesione collaborativa, la ferma determinazione e la convinta percezione d’essere di fronte ad un fatto importantissimo per le genti venete, stanno convincendo tutti a creare un fronte comune privo di personalismi. Abbiamo già predisposto una carta costituente che presenteremo entro fine dicembre alla Regione».
Che farà a quel punto il governatore Luca Zaia? La legge prevede che l’Authority sia scelta dalla giunta con un bando ma è sicuro che i promotori della legge, dopo essere riusciti a farla approvare da leghisti e «tosiani» tra mille difficoltà, non molleranno facilmente la presa. Intanto il governatore, per la prima volta pubblicamente e in maniera inequivoca, ieri ha preso le difese del provvedimento, pretendendo da «tutti coloro che fanno lezione dall’alto del loro pulpito più rispetto per i veneti». Attacca il governatore nel videomessaggio postato su Facebook e Twitter: «Chi critica pare non si fosse mai accorto prima d’ora del Veneto che paga le tasse, mantiene mezza Italia e lascia ogni anno 21 miliardi a Roma, quel Veneto che conosce bene le lingue straniere e ha saputo internazionalizzare le proprie imprese, salvando l’economia nei momenti di difficoltà di questa crisi». Zaia dice di non trovarci «nulla di scandaloso o sgradevole» nel fatto che in Veneto «sette persone su dieci parlino e pensino in veneto» e che ciò accada «trasversalmente alle diverse classe sociali» (tema, questo, che a dire il vero non è mai stato oggetto di dibattito; il punto è l’adesione del Veneto alla Convenzione sulle minoranze e ciò che questa comporta) e ne trae spunto per nuove rivendicazioni sul referendum autonomista («Pensate a darci l’autonomia»; «Parlate del referendum piuttosto») così confermando quel che hanno sempre sostenuto i leghisti in consiglio, e cioè che la legge sui «veneti minoranza» più che una rivoluzione amministrativa vuol essere un segnale politico a Roma.
Il deputato dem Roger De Menech cannoneggia: «La questione della lingua veneta, che certo rappresenta un salto di qualità nella guerra fredda dichiarata dalla Regione allo Stato, è solo un pretesto per esigere qualche finanziamento ad hoc a carico del contribuente italiano, un’invenzione politico-burocratica che s’innesta nel solco dei 10 milioni spesi in questi anni per feste della befana, sagre, spettacoli di teatro dialettale, giornalini locali. Una enorme, quanto inutile mangiatoia in grado di coltivare succose clientele, ma del tutto inefficace a promuovere la nostra cultura. E da bellunese rilancio: se Zaia è così sensibile all’autonomia, perché la sua Regione ancora non ha concesso alla mia Provincia quella che le spetterebbe dopo venti e più anni di proclami, annunci e leggi rimaste lettera morta?». Anche il sindaco di Verona Flavio Tosi stiletta su Twitter rivolgendosi direttamente al governatore: «Sappi che il Veneto non è solo Godega di Sant’Urbano, io parlo anche in veronese (diverso dal veneto) e penso con la mia testa».
Luca Zaia Pretendo rispetto da chi fa lezione dall’alto del pulpito Nulla di scandaloso se 7 veneti su 10 parlano in veneto ma preferirei si parlasse di autonomia