Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gianni, morto come dj Fabo. «Ha sorriso»
Mano nella mano con la moglie e la figlia, poi la pozione letale nella clinica svizzera. «Era sereno» Salgono a cinque gli altri veneti in lista. La Chiesa: «Chiediamoci se abbiamo fatto abbastanza»
VENEZIA Così lontani, così vicini. Il giorno dopo dj Fabo, 40enne romano, tetraplegico dopo un incidente stradale, è il 64enne pensionato veneziano Gianni Trez, malato di tumore, a morire in Svizzera, nella clinica dei suicidi assisiti. «Era sereno», ha detto la moglie. E in lista ora ci sono altri cinque veneti.
un’azienda farmaceutica del Vicentino. «Non ha sofferto, era sereno, io e mia figlia gli abbiamo stretto le mani fino all’ultimo», ha detto Emanuela uscendo dalla struttura.
La malattia
Trez era malato da circa due anni. Dopo aver scoperto il male, era stato operato una prima volta in Italia, seguendo le cure indicate dai sanitari. Quindi aveva subìto una seconda operazione. Da allora, però, non si era più ripreso. Alto, amante della natura, salutista, Gianni si era ormai ridotto a un cencio. È stato a quel punto che ha contattato dapprima l’associazione «Exit» di Torino, che fornisce consulenza a chi chiede di essere assistito nel suicidio; e poi direttamente «Dignitas», in Svizzera. «Potrei vivere ancora mesi, forse anni — si era lasciato andare il giorno prima di morire, spiegando le ragioni del suo gesto — ma non riesco a mangiare, a parlare, a dormire. Provo dolori lancinanti. È una sofferenza senza senso».
L’ultimo viaggio
Da Venezia a Zurigo. Cinque ore e mezza di strada. L’ultimo viaggio in ambulanza, con moglie e figlia al seguito. «Gianni ormai non poteva più parlare a causa del male, ma scriveva molto — ha raccontato Emanuela —. In questo periodo ci siamo detti tante cose che non ci eravamo mai detti prima. Ma la scelta è stata ragionata, meditata». I tre hanno dormito insieme in un albergo vicino alla struttura. Un’ultima, lunga notte. Alla mattina sveglia presto e una colazione veloce.
Quindi l’ingresso nella clinica. Dopo che Gianni ha chiuso gli occhi per sempre, Emanuela e Marta, piene di dolore, hanno ringraziato gli infermieri dell’associazione e i volontari veneti dell’Avapo (l’Associazione dei volontari per l’Assistenza di Pazienti Oncologici). Quindi hanno lanciato un appello ai parlamentari: «Ora facciano una legge per impedire questi pellegrinaggi crudeli».
Una lunga lista
Gianni, però, non sarà l’ultimo «esule». Solo dal Veneto ci sarebbero altre cinque persone pronte a partire per la clinica svizzera: alle due donne di cui abbiamo riferito ieri — una di Treviso, l’altra di Belluno —; si sarebbero aggiunti infatti un padovano e un veronese, che avrebbero già avviato le pratiche per arrivare al suicidio assistito. Il quinto paziente, invece, residente nella provincia di Venezia, si troverebbe ancora ad uno stadio precedente, avendo ad oggi soltanto avanzato una richiesta di informazioni. È sempre lo stesso Emilio Coveri, presidente di «Exit», a sostenerlo.
Coveri ha riferito anche che nell’ultimo biennio sono stati sei i Veneti che sono stati assistiti nel suicidio da «Dignitas». Tutte persone che hanno sborsato in tutto una cifra che varia dai 10 ai 15 mila euro. «Il costo che il nostro Paese impone per avere una morte dignitosa», ha detto Coveri.
Come è stato lunedì per «dj Fabo» e, ieri, per Gianni Trez.
La moglie Ora una legge contro questi pellegrinaggi crudeli