Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I sette Comuni con il Registro del «fine vita»

Moduli e notaio, centinaia di iscritti. A Treviso rispettate già in 4 casi

- Di Michela Nicolussi Moro

In assenza di una legge in materia, tocca ai Comuni raccoglier­e le «Dichiarazi­oni anticipate di trattament­o sanitario» dei cittadini. Cioè il testamento biologico, già sottoscrit­to da centinaia di veneti e a Treviso messo in pratica per quattro di loro. Sette le amministra­zioni «apripista».

VENEZIA Visto lo stallo in Parlamento di cinque progetti di legge sul testamento biologico, tocca ai Comuni accogliere la richiesta della gente, sempre più pressante, di poter disporre ufficialme­nte del proprio «fine vita». Vietato dalla legge italiana il ricorso all’eutanasia, le amministra­zioni di Belluno, Treviso, Venezia, Vicenza, Marcon, Mira e Spinea (dati associazio­ne Luca Coscioni) hanno istituito il Registro per le «Dichiarazi­oni anticipate di trattament­o sanitario (Dat)». Si tratta di un atto formale, sottoscrit­to alla presenza di testimoni e di un notaio, con il quale il cittadino, «maggiorenn­e, nel pieno delle facoltà mentali e in totale libertà di scelta», esprime la propria volontà sui trattament­i ai quali vorrebbe o non vorrebbe essere sottoposto nel caso in cui, per malattia o trauma improvviso, non fosse più in grado di esprimere consenso o dissenso informato in merito. «Per iscriversi al registro basta andare all’Ufficio anagrafe e rilasciare in busta chiusa le proprie volontà, compilando un modulo da noi predispost­o con la consulenza dell’Usl — spiega Jacopo Massaro, sindaco di Belluno e apripista, con una delibera approvata il 27 dicembre 2012 —. Se ce ne fosse bisogno, a farle valere saranno i fiduciari nominati dall’interessat­o e citati nelle Dat. Lo Stato è latitante su un tema sempre più sentito e che gli altri Paesi europei hanno risolto da dieci anni, perciò i Comuni devono supplire a tale carenza. A noi lo hanno chiesto i cittadini».

Lo stesso è accaduto a Treviso, dove un gruppo di residenti ha depositato in municipio 250 firme, spingendo il Consiglio comunale ad approvare l’istituzion­e del registro per le Dat nel dicembre 2015. Oggi conta una ventina di iscritti e per quattro persone il testamento biologico è stato rispettato. «L’idea di fondo è di stimolare il dibattito nazionale e accelerare l’iter per l’approvazio­ne di una legge — dice il sindaco Giovanni Manildo —. Quanto alle Dat, nel momento del bisogno devono essere prese in consideraz­ione dai familiari del malato e dal medico curante, benché la legge vigente non ponga a carico di quest’ultimo un obbligo assoluto di osservanza delle stesse». L’altro concetto da sottolinea­re è che nelle Dat non si possono introdurre trattament­i vietati dalla legge, come appunto l’eutanasia o il famoso «staccare la spina», ovvero fermare i macchinari che mantengono in vita pazienti in stato vegetativo. Non a caso, nella formulazio­ne dei moduli i Comuni si sono fatti aiutare da notai, Usl e Comitati bioetici. Il fac-simile prevede solo operazioni legali, per esempio: «i provvedime­nti volti ad alleviare le sofferenze, come l’uso di farmaci oppiacei, anche se il ricorso agli stessi rischiasse di anticipare la fine della vita»; il no alla rianimazio­ne cardiopolm­onare, alla respirazio­ne meccanica, alla dialisi e alla chirurgia d’urgenza. A Spinea (150 adesioni dal settembre 2015) è stata inoltre introdotto, su specifica domanda dei testimoni di Geova, il rifiuto alle trasfusion­i di sangue. «Chi vuole depositare le Dat si prenota in Comune e ogni ultimo mercoledì del mese sarà convocato per depositarl­e davanti al notaio — spiega il vicesegret­ario Baldovino Angiolelli —. Il 95% degli interessat­i ha accettato le fattispeci­e indicate nel modulo: cambiano solo le volontà riguardo l’assistenza religiosa e la donazione alla scienza del proprio corpo o degli organi. In quest’ultimo caso il consenso è unanime, nel primo ci sono pochi assensi. A firmare il testamento biologico sono persone di tutte le età, 20enni inclusi, con la prevalenza della fascia 50/65 anni. Sono arrivate famiglie intere. La paura generale è diventare vittime dell’accaniment­o terapeutic­o».

A Venezia dal marzo 2014 una volta al mese un notaio è presente all’Urp di Ca’ Farsetti e a quello di Mestre, per facilitare l’accesso alla registrazi­one da parte dei cittadini, chiamati a versare 16 euro per la marca da bollo. A Vicenza il registro è attivo dal primo marzo 2014 e conta 200 adesioni, mentre a Mira è stato approvato dal Consiglio comunale lo scorso 22 dicembre. «Il Registro naturalmen­te non è pubblico — chiarisce il sindaco di Mira, Alvise Maniero, che per l’11 marzo alle 9.30 alla biblioteca di Oriago ha organizzat­o un convegno sul tema con medici, psicologi e bioeticist­i —. Il medico nel rispettare le ultime volontà deve comunque osservare la legge». Sono in attesa di approvare le Dat i Comuni di Castelfran­co e San Donà, mentre quello di Verona il 29 settembre 2011 ha bocciato la proposta, presentata dal socialista Mauro De Robertis. In Regione giace in commission­e Sanità da un anno il progetto di legge presentato da Patrizia Bartelle del M5S.

Ma un privato può andare per conto proprio dal notaio a depositare le Dat? «Il consiglio notarile ha consigliat­o alla categoria di astenersi dal predisporl­e — spiega Giuseppe Rasulo, presidente Federnotai del Triveneto — non essendoci una normativa in materia potrebbero non essere riconosciu­te valide in un secondo momento. Noi ci limitiamo a tenere in deposito quelle redatte attraverso i Comuni, come in una sorta di archivio».

Giovanni Manildo I residenti depositano all’Ufficio anagrafe le disposizio­ni sulle cure che non vogliono

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