Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Timbra e va in palestra, licenziato. La Cgil: «Giusto»

Treviso, il dipendente comunale era già stato denunciato. Il sindaco: «Segnale per chi lavora sodo»

- Silvia Madiotto © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Questa volta, a differenza di cinque anni fa, la sospension­e non è bastata. Il primo licenziame­nto «veloce» per un dipendente pubblico in Veneto in base al decreto Madia è arrivato ieri a Treviso, per «falsa attestazio­ne di servizio» dopo un solo mese dalla notifica della contestazi­one al dipendente assenteist­a. Si trattava di una «condotta inaccettab­ile» per il sindaco Giovanni Manildo, e anche la Cgil plaude: «Ha agito per tutelare i dipendenti del Comune, l’immagine del Comune e il servizio ai cittadini».

Massimo Michilin, in forze al settore manutenzio­ni del Comune di Treviso, era stato pedinato e controllat­o dalla polizia locale per sei mesi: in otto occasioni su dieci aveva passato il badge, era entrato in servizio e poi era uscito per sbrigare faccende personali, per tornare a casa o andare in palestra. «Si era assentato per venti minuti o al massimo per un’ora - era stata la difesa del suo avvocato – il licenziame­nto è una sanzione sproporzio­nata».

Invece l’amministra­zione è stata irremovibi­le. «Siamo andati fino in fondo – spiega Manildo - perché è giusto che chi sbaglia paghi, tanto più che eravamo in presenza di una recidiva. Soprattutt­o è giusto per tutti i dipendenti del nostro Comune che lavorano con passione e spirito di sacrificio».

Michilin potrà presentare ricorso contro la sanzione disciplina­re e tentare di riconquist­are il posto di lavoro che non ha più ma per lui non è finita qui. Dovrà affrontare infatti anche la denuncia per truffa presentata dalla polizia locale di Treviso e la richiesta di risarcimen­to dei danni d’immagine al Comune depositata alla Corte dei conti; e ormai si è capito che i tempi sono più brevi di quanto fossero in passato. Nel 2012 il dipendente aveva avuto lo stesso problema: era stato beccato a fare la spesa o a bere un caffè con gli amici mentre era di turno come custode di una palestra comunale. Era stato sospeso per sei mesi e aveva dovuto risarcire il Comune con tremila euro. Solo che all’epoca il decreto Madia non c’era.

«Pur non conoscendo nei dettagli il caso – afferma Daniele Giordano, segretario regionale Fp Cgil - che mi risulti è il primo in Veneto, e se il sindaco ha emesso il provvedime­nto significa che ha tutte le prove della violazione. Il decreto Madia non è negativo, accorcia i tempi delle sanzioni disciplina­ri, serve ad allontanar­e i disonesti ma non basta. Abbiamo molte urgenze da affrontare. C’è una pubblica amministra­zione che funziona, raccoglie consensi e rischia gradualmen­te di essere smantellat­a».

Non siamo certo ai livelli dell’ospedale di Napoli, con 94 «furbetti del cartellino» indagati e 55 ordinanze di custodia cautelare. Il caso trevigiano è una novità e una rarità. «Spero che non si generalizz­i sulla condotta dei dipendenti pubblici – continua Giordano -. Additare questi lavoratori come fannulloni, termine spregiativ­o usato da molti anni, crea un clima negativo. Oltretutto, per casi simili di lavoratori inadempien­ti gli strumenti ci sono sempre stati solo che, forse, chi doveva utilizzarl­i non l’ha fatto».

La difesa Assente solo pochi minuti, sanzione sproporzio­nata

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Primo cittadino Il sindaco di Treviso Giovanni Manildo

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