Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

VERONA, LA FORZA E IL TORMENTO

- Di Luca Romano

Verona è una città dal brand molto forte. Ritagliand­one un profilo distinto dal resto del Veneto, il suo percorso appare diverso e più premiante. La chiave del successo è la capacità di ottimizzar­e la felicità geografica e la sua storia per accogliere canalizzaz­ioni imponenti di flussi. L’apparente facilità di transitare dall’epoca della prevalenza del localismo a quella dei flussi della globalizza­zione. Dei flussi di persone – turisti, lavoratori e talenti - di merci e di capitali, Verona è sede ambita e prestigios­a, che si candida a ondate di ulteriore affluenza. Nel turismo la crescita è a doppia cifra. Nella storia di Verona hanno contato anche le persone: Giorgio Zanotto, luminoso esempio di grande banchiere cattolico, quota in borsa la Banca Popolare nel lontanissi­mo 1998 e introduce un correttivo limitando il voto capitario dei dipendenti azionisti. Con il senno di poi, due decisioni controcorr­ente che hanno evitato all’istituto il calvario della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Pensiamo ai poteri che gestiscono flussi: per le merci interporto, aeroporto e autostrade; per persone e merci Fiera e ancora autostrade, per le persone, l’Arena, il Lago di Garda. Tutti i poteri veri di Verona si danno concerto nella capacità di organizzar­e i flussi materiali che arrivano corredati da quelli immaterial­i. Verona, infatti, è una delle cinque realtà italiane con maggiori Investimen­ti Diretti Estero in entrata: «non solo tedeschi e inglesi come tradizione, ma anche russi e indiani» specifica Rita Carisano, direttrice di Confindust­ria. Tutto bene dunque? Aleggia su questo successo in ciò che Verona diventa, una contraddiz­ione clamorosa con ciò che Verona è stata. Il centro scaligero, infatti, ha sedimentat­o nel suo corridoio con il Nord Europa, dalla notte dei tempi, la via Claudia, l’egemonia di poteri ben radicati e conservato­ri: i gruppi agrari, le conventico­le di religiosi e come fortilizio militare, dal feldmaresc­iallo Radetzky alla Nato. Poteri radicati nella terra e nel controllo del territorio. Anche i gruppi industrial­i con blasoni di prima generazion­e nella loro eccellenza gestiscono il nodo di un trasferime­nto generazion­ale in alcuni casi molto tormentato. E questa contraddiz­ione sembra generarne altre a cascata. L’opulenza dei flussi è gestita in modo inconsapev­ole del fatto che questi non guardano chi sta sul territorio: scendendo dall’Alto Adige e Trento lungo il corso del fiume, si avverte come uno stacco, entrando nel quadrilate­ro scaligero, una particolar­e debolezza della pianificaz­ione territoria­le, un certo disinteres­se per il traffico automobili­stico che affatica, per esempio, Verona Sud, con grandi supermerca­ti in arrivo nella già super congestion­ata zona Fiera.

Verona ha numeri di utenti dei trasporti pubblici per entrare e uscire dalla città a livelli meridional­i. Di questa dinamica è pervaso anche il sistema delle élites politiche che con una certa disinvoltu­ra rimuovono oneri «territoria­li», con errori gestionali sia all’Aeroporto che all’Arena per esempio, in virtù di onori «globali», benefician­do di una sorta di «rendita da flusso». La connession­e con il Veneto a est appare sfrangiata, a volte si ostenta quasi una estraneità in confronto con i collegamen­ti a Nord, a ovest verso Milano o a sud verso Modena. Avviandosi al congresso la Cisl di Verona ha voluto cercare di riannodare un filo pieno di interruzio­ni. Obiettivo costruire una governance più partecipat­a dai soggetti che stanno sul territorio e soffrono i costi di questo primato dei flussi; con il compito di cominciare a «tradurre» l’opulenza dei flussi in qualità della vita nei «contesti».

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