Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Noi, sul lastrico a causa di Artoni»
Tra i «padroncini» trevigiani c’è chi ha dovuto ipotecare la casa
Il botto è di quelli che lasciano interdetti perché arriva da un nome da cui certe cose non le aspetti. Una trentina di «padroncini» delle cooperative che lavorano per la sede di Artoni Trasporti a Casale sul Sile, non vedono più fatture pagate da oltre 6 mesi e c’è chi avanza più di 250 mila euro. Qualcuno ha già licenziato dei dipendenti, altri sono riusciti a farli assumere da colleghiconcorrenti. Non man cachi sostiene di non avere altra via d’uscita se non ipotecare l’abitazione.
Ne hanno parlato ieri, in un incontro organizzato dalla Confartigianato, con la consulenza di un legale per verificare i possibili strumenti utili a rientrare almeno di parte dei crediti. Crediti che si sono accumulati, nonostante i segnali di criticità si stessero susseguendo da mesi, proprio perché si è a lungo ritenuto improbabile che il colosso dei trasporti di Reggio Emilia, guidato peraltro dalla ex presidente nazionale di Confindustria Giovani, Annamaria Artoni, non fosse in grado di superare quello che sembrava un momento di difficoltà del mercato. Invece, a questo punto, il suggerimento dell’avvocato Paolo Malaguti è quello di far leva sul decreto legislativo n.286 del 2005, cioè rivolgersi direttamente ai clienti finali dei servizi di trasporto effettuati dai padroncini per conto di Artoni e chiedere di essere pagati. Inutile provare a pignorare immobili o altri beni, perché quelli se li sono già prenotati le banche, verso le quali l’esposizione di Artoni è nell’ordine dei 140 milioni.
«Qui si gioca tutto sul fattore tempo – ha osservato Vendemiano Sartor, presidente della Confartigianato trevigiana – perché i clienti insoddisfatti saranno rapidi nel cercare alternative».