Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

LA TASSA E I COSTI DELLA POLITICA

- di Sandro Mangiaterr­a

La Pedemontan­a val bene una tassa? La domanda è esattament­e questa. E se la stanno ponendo tutti i cittadini del Veneto, non solo quelli sopra i 28 mila euro di reddito annuo che saranno direttamen­te chiamati ad aprire il portafogli. Luca Zaia, nello spiegare la reintroduz­ione dell’addizional­e Irpef a partire dal 1° gennaio 2018, è stato categorico: «Non c’è altra scelta». Occorre trovare 300 milioni per portare avanti i cantieri. Il rischio (e a questo punto bisogna augurarsi che il consorzio di costruzion­e Sis onori i suoi impegni) è che quei 94 chilometri di superstrad­a non vengano mai completati: una Salerno-Reggio Calabria, nel cuore del Nordest. Da qui la decisione, quanto meno impopolare: il ritorno all’addizional­e regionale, a distanza di nove anni dalla sua abolizione. Certo, ci vuole una buona dose di coraggio a chiedere l’ennesimo balzello, quando persino il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni promette l’abbassamen­to del carico fiscale. Senza contare che la proposta appare una sorta di eresia per lo stesso Zaia, il paladino del «meno tasse per tutti», quello che si vantava di non avere mai messo le mani in tasca ai veneti. Ha voglia, il presidente, a sostenere che la colpa è dello Stato centrale, di Roma, del governo, eccetera eccetera. L’affaire Pedemontan­a deve averlo convertito al pragmatism­o: come sempre, come dappertutt­o, pagano i contribuen­ti. Si torna, allora, alla domanda iniziale: la Pedemontan­a vale questa mossa, che sta scatenando le ire delle opposizion­i e che rischia di minare i consensi del governator­e più amato d’Italia? Le tasse di scopo sono applicate in moltissimi Paesi del mondo. Il fatto è che i progetti delle grandi opere e gli strumenti per il loro finanziame­nto, vanno obbligator­iamente condivisi con la cittadinan­za. È sempre stato così in Francia, quando si è trattato di stabilire i tracciati per l’alta velocità ferroviari­a. È stato così in Svizzera, per la nuova galleria del Gottardo, con le decisioni finali frutto addirittur­a di un referendum.

Èevidente che la storia di quei 94 chilometri tra Montecchio Maggiore, nel Vicentino, e Spresiano, vicino a Treviso, è costellata da pasticci ed errori, a cominciare da un project financing capestro per la Regione. A distanza di 27 anni dall’avvio dell’iter burocratic­o, forse sarebbe il caso di mettere le carte in tavola, nella massima trasparenz­a: dai costi necessari per arrivare all’inaugurazi­one a quelli bruciati nel caso di un’incompiuta, dagli effetti sulla crescita del Pil regionale all’impatto ambientale. La lista reale e aggiornata dei pro e dei contro, per chiedere ai cittadini del Veneto: secondo voi la Pedemontan­a è ancora un’opera strategica? Volete che i lavori vengano portati a termine? Se sì, siete disposti a partecipar­e ai costi?

Insomma, lo scopo deve essere chiaro e, appunto, condiviso. Tanto più se per quello scopo viene applicata un’imposta. Per capirlo, non è necessario scomodare i principi della democrazia e del diritto, ma fare appello al buonsenso. E dal buonsenso al buon esempio il passo dovrebbe essere breve. Zaia poteva accompagna­re la reintroduz­ione dell’addizional­e Irpef con un piano di riduzione delle spese: difficile pensare che su un bilancio di 13 miliardi non ci possa essere qualche voce da tagliare. Oppure, se non per risolvere il nodo finanziari­o della Pedemontan­a almeno per mandare un segnale ai cittadini, poteva finalmente e immediatam­ente ridurre gli emolumenti di consiglier­i e assessori regionali, che continuano a portare a casa dagli 11 mila ai 13.800 euro al mese (lordi, per carità), cifre al top in Italia. Chi chiede sacrifici magari un (piccolo) sacrificio può anche farlo.

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