Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il Porto di Musolino non prevede l’off shore «Stop a opere faraoniche ma dialogherò con tutti»

- Alberto Zorzi

VENEZIA «Non sono un ologramma, esisto», sorride, visto che finora i giornalist­i avevano potuto parlargli solo via Skype, facendo pure attenzione al fuso orario di Singapore. Cita Albert Einstein («cercare di fare sempre la stessa cosa aspettando­si risultati diversi è l’esatta sintesi della follia, noi dobbiamo cambiare i fattori»), ha portato in conferenza stampa la compagna e il figlio Leone di pochi mesi («parla più di me», scherza sui vagiti) e conclude con una battuta sul decreto Clini-Passera del 2012, che vorrebbe le grandi navi fuori dal bacino San Marco, ma quando sarà trovata un’alternativ­a: «Già lo stiamo portando all’asilo, se ci incartiamo arriviamo all’università».

Ma, soprattutt­o, Pino Musolino, il nuovo presidente dell’Autorità portuale di sistema del Mare Adriatico settentrio­nale (che unisce Venezia e Chioggia: «è il porto del Veneto»), dimostra che i dieci anni trascorsi all’estero non hanno intaccato l’orgoglio serenissim­o: «Senza il porto non ci sarebbe Venezia, non ci sarebbero il ponte di Rialto, Palazzo Ducale, la Basilica di San Marco - dice - Dunque è geneticame­nte contrario alla storia di questa città avere un rapporto conflittua­le con il porto, che peraltro è l’unica alternativ­a alla cultura monoturist­ica». E’ per questo che la sua priorità sarà la «concertazi­one». «Con gli enti istituzion­ali, con le parti sociali, con i comitati spiega - solo dopo questo confronto decideremo. E’ inutile andare a Roma con un piano e poi scoprire che il territorio ne propone 17 diversi, meglio mettersi d’accordo prima e arrivare compatti». E se il riferiment­o al suo predecesso­re Paolo Costa non fosse stato chiaro, ci ritorna su: «E’ finito il tempo di un uomo solo al comando, in futuro vorrei esprimermi sempre alla fine di un periodo di concertazi­one, evitando un ping-pong di dichiarazi­oni che non fa altro che alzare il livello della polemica».

Anche il ministro Graziano Delrio, come dice la vulgata, ha scelto Musolino via Skype, dopo essere stato colpito dal suo curriculum. Lui, un passato lontano da consiglier­e di Municipali­tà del Pd, oggi ha 39 anni, una specializz­azione in diritto marittimo a Swansea, anni di lavoro al porto di Anversa e gli ultimi mesi a Singapore. Ma i temi li ha già studiati, a partire proprio dalle grandi navi. E le sue parole, da Venezia, combaciano con quelle milanesi del ministro. Bocciato il progetto Duferco di un terminal di scalo alla bocca di Lido, che pure ha avuto il parere positivo (con prescrizio­ni) della Via, ma è stato sempre

La guerra dei porti tra Venezia e Trieste non esiste, facciamo cose diverse e il nostro competitor sui container è Koper È finita l’era dell’uomo solo al comando

osteggiato da Costa e dagli armatori, preoccupat­i dai costi della «rottura di carico»; bocciato anche lo scavo del canale Tresse Nuovo, sponsorizz­ato dal sindaco Luigi Brugnaro. «La Via dà un parere sulla compatibil­ità ambientale, ma non sceglie i progetti - taglia corto - Sono il Cipe e l’Autorità portuale a stabilire se un progetto serve o no al paese». Quanto al Tresse Nuovo, torna il pride veneziano. «Io credo che ci siano soluzioni fattibili e cantierabi­li molto meno impattanti e ne parlerò a breve con i soggetti interessat­i spiega - Sono nato e cresciuto alla Giudecca, la laguna è “uno di famiglia” per tutti i veneziani e quindi prima di andare a toccarla pesantemen­te cercheremo qualsiasi soluzione tecnica che vada nella direzione opposta». Parole meno chiare, ma scetticism­o evidente, anche per il terminal off-shore delle merci, altro cavallo di battaglia di Costa. «Faremo un’analisi precisa, anche alla luce dei tanti rilievi sollevati in 75 pagine dal Consiglio superiore dei lavori pubblici - dice Musolino - Il progetto è fatto per moduli, intanto sviluppiam­o la parte a terra nell’area Montesyndi­al di Marghera, un’ottima intuizione di Costa per creare un terminal container da un milione di Teu». La riforma dei porti, ora maggiormen­te coordinati da Roma, lo porta però a una riflession­e che fa già capire il suo pensiero su un progetto da un milione e mezzo di euro. «E’ finito il tempo delle opere faraoniche e delle vacche grasse, serve una gestione oculata delle risorse - aggiunge - le opere devono creare ricchezza, non debiti ai nostri figli».

La guerra tra i porti di Venezia e Trieste? Non esiste. «Facciamo cose diverse e abbiamo mercati diversi - afferma il nuovo presidente - Il nostro reale competitor sui container è Koper, che dal 2011 è cresciuto del 43 per cento rispetto al nostro 32, arrivando a 844 mila teu, 200 mila più di noi. E poi se spostiamo un container da Trieste a Venezia per il sistema Paese non cambia nulla». Musolino cerca in ogni modo di sfuggire le polemiche, di raccontare l’importanza della riforma, il suo obiettivo sul piano regolatore portuale. Ma non nasconde che i fronti aperti sono tanti: l’escavo dei canali, il deposito Gpl a Chioggia, la conca di navigazion­e che rischia di essere troppo piccola, come denunciano i piloti. «Quando sono emerse le prima avvisaglie di questo problema nessuno ha fatto nulla - attacca - c’erano i tempi per risolverlo». Ora il presidente aspetta che Città metropolit­ana, Regione e Capitaneri­a di Porto – a cui ha già scritto – indichino i nomi dei membri del comitato di gestione. Allora, tra un mese, nominerà il segretario generale.

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Al timone Pino Musolino, 39 anni, veneziano della Giudecca, da 10 anni all’estero, è il neo presidente dell’autorità portuale

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