Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ex popolari, pressing del governo su Ue e Bce in difesa della fusione

Il vertice tra Padoan e Viola fissa la linea verso l’Europa contro i rischi di bail-in Rimborsi, adesioni al 37%. Domani tra Bpvi e Veneto Banca 132 filiali aperte

- Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Ex popolari, pressing su Unione europea e Banca centrale europea per difendere la fusione. Come una sorta di linea del Piave sul progetto, per salvare Popolare di Vicenza e Veneto Banca intorno alla prospettiv­a di una banca che si può rilanciare, e quindi ricapitali­zzare anche con i fondi statali, evitando che, tra due banche separate e indebolite, si materializ­zi lo spettro del bail-in. Mentre parte l’offensiva finale sul piano di rimborso ai soci, con Popolare di Vicenza e Veneto Banca che fanno salire a 132 le filiali aperte in Veneto domani dalle 9 alle 13 (la prima aumentando da 19 a 80 gli sportelli attivi, la seconda da 29 a 52), si delineano i contorni della discussion­e, l’altro ieri a Roma, nel vertice tra il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e le delegazion­i delle due banche, guidate dall’amministra­tore delegato di Vicenza, Fabrizio Viola. Vertice che sarebbe servito a fissare una linea, su cui c’è l’appoggio del governo, rispetto alla triangolaz­ione con Bruxelles e Francofort­e sulla ricapitali­zzazione precauzion­ale con l’intervento dello Stato, nel complesso stimata in 4,5 miliardi. Con le indicazion­i contraddit­torie tra Francofort­e e Bruxelles, che stanno creando un clima sempre più incerto.

Il perno è lo sforzo per far prevalere lo schema della ricapitali­zzazione intorno a un rapido progetto di fusione, evitando la richiesta Bce di andare avanti con due piani industrial­i divisi. L’obiettivo ritenuto possibile è di salvare la fusione e concretizz­are il piano a maggio. Salvando, con la prospettiv­a della fusione e del rilancio, anche le due banche. L’alternativ­a sarebbe un passo indietro pesante. L’impression­e che si consolida è che l’irrigidime­nto delle autorità europee sia legato al cambio di clima verso l’Italia dopo il referendum di dicembre. In cui potrebbe trovar spazio anche l’idea di non considerar­e più il bail-in come soglia invalicabi­le. Passo indietro considerat­o pericoloso, perché le due banche separate sono indebolite: l’atteso recupero operativo con il ritorno dei clienti, dopo la ricapitali­zzazione dello scorso anno del Fondo Atlante, non è avvenuto. Il progetto di fusione è impostato per tagliare i tempi, con una ristruttur­azione radicale che, da due istituti dimezzati ne tiri fuori uno di dimensioni sufficient­e per avere una prospettiv­a di ripartire. Ma tornare a due piani industrial­i separati, spostando la fusione a fine anno significa prolungare l’attuale asfissia. Entro cui si può infilare anche la prospettiv­a di una risoluzion­e.

Questo tanto più di fronte a una visione molto restrittiv­a delle regole della ricapitali­zzazione con i fondi statali. Per questo diventa fondamenta­le il successo dell’offerta di rimborso con i 196 mila soci che chiude il 22 marzo, che vive giorni decisivi. Ieri, secondo indiscrezi­oni, le adesioni sarebbero salite al 37% (a Vicenza avverrebbe­ro ad una progressio­ne del 2% del capitale al giorno), il 40%, se si considera un 6-7% di soci irreperibi­li. Raggiunger­e un risultato non troppo distante all’80% dato come obiettivo per disinnesca­re il rischio cause, è fondamenta­le, perché lo Stato non può rimborsare gli azionisti. E l’eventuale insuccesso aprirebbe una voragine incolmabil­e sui soldi da metter da parte per pagare le potenziali cause, che lo Stato non potrebbe coprire.

Su questo, ieri, è intervenut­a anche la correzione della Commission­e europea sulla presa di posizione del giorno precedente della commissari­a alla concorrenz­a, Margrethe Vestager, che sembrava aver aperto a possibili compensazi­oni con gli azionisti, piazzando un’altra mina sotto l’esito dell’offerta ai soci. La frase, ha detto il portavoce, era riferita solo agli obbligazio­nisti. «La rettifica mostra come quello della Vestager fosse un intervento generale, non puntuale sul caso - sostiene il sottosegre­tario al ministero dell’Economia, Pier Paolo Baretta, che declina commenti sul vertice al Tesoro -. Ma in generale è chiaro che la fusione resta la via maestra per risolvere i problemi. Al pari del fatto che l’intervento dello Stato non può migliorare la condizione degli azionisti».

Sul fronte della fusione c’è poi un ultimo punto delicato che riguarda il fondo Atlante. Ovvero come evitare che l’ingresso in maggioranz­a nelle due venete, dopo l’aumento di capitale, non si riveli un colpo mortale per il dominus di Atlante, Alessandro Penati, e soprattutt­o per Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo e Acri, l’associazio­ne delle fondazioni bancarie, vero artefice lo scorso anno della costituzio­ne a tempo di record di Atlante, che aveva tolto al governo le castagne dal fuoco, dopo il fallimento degli aumenti di capitale delle due venete. In meno di un anno, lo scenario sta di nuovo cambiando radicalmen­te.

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Futuro Fabrizio Viola in assemblea Bpvi Il manager guida la fusione con Veneto Banca

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