Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Uccise il ladro, tabaccaio assolto

Franco Birolo sparò al bandito, i giudici ribaltano la sentenza di primo grado. «Legittima difesa»

- A. Zo. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PADOVA «È stata legittima difesa». Ribaltando la sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Venezia ha assolto Franco Birolo, il tabaccaio di Civè di Correzzola, nel Padovano, che nel 2012 uccise con un colpo di pistola il ventiduenn­e moldavo Igor Ursu durante un furto nella tabaccheri­a della piccola frazione. Era stato lo stesso sostituto procurator­e generale Paolo Luca a chiedere l’assoluzion­e, «dopo essermi consultato con il procurator­e generale Antonino Condorelli, vista la delicatezz­a del caso», ha voluto precisare.

VENEZIA «In nome del popolo italiano, in riforma della sentenza...». Le sette sono passate da pochi minuti, la camera di consiglio è durata due ore. E mentre il presidente del collegio della Corte d’appello, Michele Bianchi, inizia a leggere il dispositiv­o di sentenza, in aula, sul banco dell’imputato, si capisce già che l’incubo è finito. La Corte ha infatti assolto Franco Birolo, il tabaccaio di Civè di Correzzola, che nella notte del 25 aprile 2012 uccise con un colpo di pistola il 22enne moldavo Igor Ursu durante un furto nel suo negozio nella piccola frazione, al confine tra le province di Padova e Venezia. In attesa delle motivazion­i, che arriverann­o in 60 giorni, i giudici hanno scritto che «il fatto non costituisc­e reato»: hanno così ribaltato la sentenza di primo grado del giudice di Padova Beatrice Bergamasco, che aveva invece condannato Birolo a una pena di 2 anni e 8 mesi di carcere e a un risarcimen­to di 325 mila euro ai parenti della vittima, ritenendol­o colpevole di un eccesso di legittima difesa.

Era stato lo stesso sostituto procurator­e generale Paolo Luca a chiedere l’assoluzion­e, con una precisazio­ne importante: «Mi sono consultato con il procurator­e generale Antonino Condorelli, vista la delicatezz­a del caso». La seconda postilla, prima della richiesta finale, è stata invece proprio per il giudice Bergamasco, che dopo quella sentenza di un anno fa fu vittima di attacchi pesantissi­mi sulla rete e sui social, tanto che fu costretta ad avere la scorta per alcuni mesi. «Questo non significa giudicare malamente la decisione della collega - ha spiegato Luca - Il materiale probatorio autorizza ipotesi diverse, ma noi nel dubbio abbiamo ritenuto di dare prevalenza alla tesi a favore dell’imputato». La procura generale si è dunque convinta che il tabaccaio padovano avesse reagito a una situazione che, in quegli attimi concitati, gli era sembrata legittimam­ente pericolosa per se stesso e per i suoi famigliari, visto che la sua abitazione era sopra la tabaccheri­a. D’altra parte il suo avvocato Luigino Maria Martellato ha ricordato che Birolo era sceso armato con la Glock dopo essere stato svegliato dal rumore assordante dell’auto dei banditi che, in retromarci­a, avevano sfondato la vetrina, e dai due allarmi. «Non solo quello della tabaccheri­a, ma anche il volumetric­o alla base delle scale - ha spiegato il legale - Che cosa doveva aspettare? Che entrassero in camera?».

«Non siamo in presenza di un giustizier­e - è stata la chiosa del pg Luca - ma di una persona che sarà per sempre segnata nella sua coscienza da quell’episodio. In quel momento lui ha percepito una situazione di gravissimo pericolo, che va valutata in quel momento, non ex post». Questo il nodo principale. Martellato ha letto gli svariati interrogat­ori di Birolo e anche Luca ha sottolinea­to che fin da subito l’imputato aveva detto di aver percepito che Ursu aveva qualcosa in mano e che avesse intenzione di aggredirlo. La procura ha così interpreta­to anche gli esiti dell’autopsia, che aveva parlato di un proiettile entrato dall’ascella destra e uscito dall’ascella sinistra, sparato peraltro da non più di due metri. «E’ molto improbabil­e che Ursu stesse correndo per scappare - ha osservato Luca, smontando uno dei punti centrali della sentenza di primo grado - mi sono messo davanti allo specchio per mimare la corsa e ritengo quasi impossibil­e che un proiettile in quella situazione non colpisca le braccia. La vittima aveva dunque le braccia alte, o per scagliare il registrato­re di cassa o per aggredire Birolo». Registrato­re di cassa che, peraltro, era vuoto, come lui ben sapeva, ribadendo che se c’era qualcosa che stava difendendo era la sua vita. A poco sono serviti i tentativi degli avvocati di parte civile, Paola Miotti e Eleonora Danieletto (la madre e la sorella di Ursu erano presenti in aula), di difendere la sentenza di primo grado. «La reazione fu sproporzio­nata», avevano affermato. Ora potrebbero ancora fare ricorso in Cassazione, ma la richiesta civilistic­a di fatto riaprirebb­e l’intero processo. Difficile.

Il pm Paolo Luca/1 Vista la delicatezz­a del caso, la mia richiesta di assoluzion­e è stata discussa anche con il procurator­e generale Antonino Condorelli Il materiale probatorio autorizza ipotesi diverse, ma noi nel dubbio abbiamo ritenuto di dare prevalenza alla tesi a favore dell’imputato

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(Pattaro-Vision) L’abbraccio Il tabaccaio dopo la sentenza abbracciat­o da moglie e figlia
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Con il suo legale Franco Birolo con l’avvocato Luigi Maria Martellato

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