Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Treviso, escrementi di topi nelle aule Il sindaco costretto a chiudere la scuola

Difficoltà didattiche, si allarga il fronte di quanti chiedono nuove regole. La Regione: tavolo con gli enti locali

- Alice D’Este © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO A Treviso una scuola ha «chiuso per topi» con un’ordinanza firmata dal sindaco Giovanni Manildo. «Non c’è emergenza di carattere sanitario» ha precisato il Comune per stemperare le tensioni che si sono create quando i genitori hanno saputo che i bimbi non potevano entrare. La decisione è stata necessaria dopo che le maestre hanno trovato escrementi di topi nelle aule.

VENEZIA Ci sono 812 classi del Veneto in cui il numero degli studenti stranieri è più alto di quello degli italiani. La percentual­e supera il 50% arrivando a picchi limite dell’80% nei casi più complessi.

La situazione difficile della Cesare Battisti di Mestre, raccontata qualche mese fa dalla preside non è dunque isolata. Secondo i conti dell’ufficio scolastico regionale del Veneto a fare compagnia alle elementari mestrine ci sono altre 811 sezioni: 246 sono della scuola dell’infanzia, 397 alle elementari, 91 alle medie e 78 alle superiori. Certo, si tratta del 3% del totale (le sezioni sono 25.543 in tutto) e nella maggior parte dei casi la media degli stranieri si aggira tra il 15% e il 30%, ma non si possono certo più definire «casi isolati».

Alla Cesare Battisti i numeri in gennaio avevano fatto sobbalzare sulla sedia la dirigente. Nella scuola il caso estremo era una classe con 24 bambini stranieri e un solo bambino italiano ma le percentual­i di bambini stranieri in tutte le sezioni non scendevano quasi mai sotto il 70-80%. Tant’è che Rachele Scandella, preside dell’istituto aveva deciso di istituire per le iscrizioni il tetto agli alunni stranieri: non avrebbe dovuto superare il 40%. Alla Cesare Battisti (dove il limite alla fine non è stato applicato visto il limitato numero di iscrizioni e la poca selezione da fare) e in tutte le altre 811 classi venete il problema è la gestibilit­à. Degli studenti ma soprattutt­o della didattica. Che di fronte a difficlass­e coltà di questo tipo rischia di trovare difficoltà anche sul fronte dell’integrazio­ne.

L’esempio chiave è quello di Kamrul Syed referente della comunità bangalese di Mestre che alla fine ha deciso di iscrivere i figli in una scuola privata «lasciando» la Giulio Cesare. «Io sono un immigrato come loro, è ovvio – dice- ma una con l’80% di bambini appena arrivati in Italia che non parlano una parola di italiano non progredisc­e. La scuola si riempie, è ovvio, non c’è altra scelta e abitiamo quasi tutti nella zona. Se vogliamo l’integrazio­ne allora vanno seguite strade diverse. I bambini a scuola devono imparare». E alla riflession­e invita anche Elena Donazzan, assessore regionale all’istruzione: «Concentraz­ioni di questo tipo sono un problema – dice – già nel 2010 parlavo del tetto al 30% come necessario, quando era ancora una questione da trattare con le pinze. Oggi anche gli insegnanti che erano scettici si sono convinti che qualcosa va fatto e che bisogna coinvolger­e i Comuni. Non basteranno più i contributi per i lavori di integrazio­ne, si dovranno pensare a trasporti specifici per spostare gli studenti permettend­o anche a chi vive in un quartiere di avvicinars­i ad una scuola più lontana. Scuole così diventano dei ghetti, non possiamo permetterc­elo. Chiedo che l’argomento venga messo all’ordine del giorno della conferenza degli enti locali».

La circolare ministeria­le che da la possibilit­à di limitare le iscrizioni degli studenti stranieri esiste dal 2010 e fissa il tetto al 30%. Ma nessuno finora nelle scuole l’ha realmente messa nero su bianco come condizione per la formazione delle nuove classi. «La concentraz­ione di alunni in alcune scuole e classi non è più un indice di difficoltà come in passato – dice intanto Daniela Beltrame direttore dell’ufficio scolastico regionale - perché si tratta di alunni per la maggior parte nati in italia che hanno appreso la lingua già dalla scuola dell’infanzia. Le metodologi­e di inclusione degli insegnanti del Veneto si sono ormai consolidat­e e puntano sulla facilitazi­one linguistic­a e sulle attività laboratori­ali». Certo, ma forse non bastano. «La distinzion­e tra nati in Italia e non è doverosa – dice anche Marta Viotto, della Cgil del Veneto – molti bambini stranieri per i costi delle rette non hanno frequentat­o la scuola materna e arrivano alle elementari conoscendo poche parole di italiano. Una soluzione? Investimen­ti economici per l’inclusione e una partecipaz­ione più attiva del territorio ai progetti».

Viotto (Cgil) Distinzion­e doverosa tra chi è italiano e chi non lo è Donazzan (Ass. reg.) Trasporti specifici per portare gli studenti lontano

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