Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Ugo Luca dall’Iran alla Sicilia, storia dello 007 feltrino

Fu definito il «Lawrence d’Arabia italiano»: un saggio di Conti sugli uomini di Mussolini

- di Alessandro Tortato © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quando l’8 agosto dello scorso anno il custode del cimitero di Santorso, piccolo paese del vicentino ai piedi del monte Summano, aprì il cancello del camposanto, restò impietrito. Un gruppo di ladri di rame aveva infatti fatto razzia di vasi e decorazion­i, infierendo con inutile violenza su una ventina di tombe. Tra esse, a subire i danni maggiori, quella di Ugo Luca, un generale dei carabinier­i feltrino, che tutti a Santorso conoscevan­o per essere stato un eroe nella lotta contro la mafia e per aver sposato una signora del posto. Nessuno però sapeva che c’era stato un tempo in cui quest’uomo era per tutti i servizi segreti del pianeta nientemeno che il «Lawrence d’Arabia italiano».

Ce ne parla un bel volume di Davide Conti appena uscito per Einaudi: Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana (271 pp., 30 euro). Conti ha ricostruit­o la storia dell’impunità e della reintegraz­ione nella vita pubblica repubblica­na di molti italiani accusati di crimini di guerra alla fine del secondo conflitto mondiale. Tra essi Ugo Luca, per l’appunto, un veterano delle operazioni coperte, attivo sin dai tempi della Grande Guerra, buon conoscitor­e della lingua turca, stimato personalme­nte da Benito Mussolini. Negli anni Venti e Trenta Luca lavora a lungo tra Anatolia, Rodi e Libia ed è così che si conquista il soprannome di «Lawrence d’Arabia italiano».

Nel 1942 il suo destino si incrocia con quello di Lea Schiavi, una trentacinq­uenne giornalist­a antifascis­ta piemontese, sposata con Winston Burdett, un collega americano. I due lavorano per i servizi alleati, agendo soprattutt­o in Iran, un paese di notevole importanza strategica. Vi operano infatti molte spie italiane e tedesche che si muovono per sobillare la popolazion­e contro gli occupanti inglesi e sovietici. Lea Schiavi fa esattament­e il contrario: va nei campi di concentram­ento inglesi a fare propaganda antiregime con i prigionier­i italiani. A Roma se ne decide l’eliminazio­ne. I servizi segreti italiani locali affidano il compito ad un gruppo di amieh (guardiani stradali) curdi. Il 24 aprile 1942 la Schiavi cade in un agguato nei pressi di Mianduab. Il marito, indagando sulla sua morte, viene a sapere da un funzionari­o dell’ambasciata turca che Luca gli si è dichiarato più volte responsabi­le dell’assassinio.

Finita la guerra lo riferirà alla magistratu­ra italiana senza essere creduto. Ugo Luca, nel frattempo, era passato indenne alla caduta del fascismo e all’armistizio, andando a collaborar­e con i militari fedeli al re in funzione antitedesc­a e guadagnand­osi la stima del colonnello Giuseppe Cordero di Montezemol­o, capo del Fcmr (Fronte clandestin­o militare di Resistenza).

Passano gli anni, nasce la Repubblica. Dopo la strage di Portella della Ginestra del primo maggio del 1947, in cui oltre dieci lavoratori sono assassinat­i dalla banda criminale di Salvatore Giuliano, il ministro dell’interno Mario Scelba affida al «Lawrence d’Arabia italiano» le redini del Cfrb, Comando forze repression­e banditismo. Luca agisce in Sicilia con i suoi metodi: riesce ad intercetta­re e «comprare» Gaspare Pisciotta, sodale di Giuliano, convincend­olo ad uccidere nel sonno il compare. La versione ufficiale attribuirà le circostanz­e della morte ad un conflitto a fuoco con i carabinier­i.

Quando, dopo l’arresto del Pisciotta, la verità emerge, le polemiche divampano ma nulla pare danneggiar­e la carriera del Luca. Promosso generale, si ritira in pensione nel 1954 divenendo sindaco di Feltre dal 1962 al 1967, anno in cui, il 4 luglio, muore per un infarto. info@alessandro­tortato.com

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