Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ugo Luca dall’Iran alla Sicilia, storia dello 007 feltrino
Fu definito il «Lawrence d’Arabia italiano»: un saggio di Conti sugli uomini di Mussolini
Quando l’8 agosto dello scorso anno il custode del cimitero di Santorso, piccolo paese del vicentino ai piedi del monte Summano, aprì il cancello del camposanto, restò impietrito. Un gruppo di ladri di rame aveva infatti fatto razzia di vasi e decorazioni, infierendo con inutile violenza su una ventina di tombe. Tra esse, a subire i danni maggiori, quella di Ugo Luca, un generale dei carabinieri feltrino, che tutti a Santorso conoscevano per essere stato un eroe nella lotta contro la mafia e per aver sposato una signora del posto. Nessuno però sapeva che c’era stato un tempo in cui quest’uomo era per tutti i servizi segreti del pianeta nientemeno che il «Lawrence d’Arabia italiano».
Ce ne parla un bel volume di Davide Conti appena uscito per Einaudi: Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana (271 pp., 30 euro). Conti ha ricostruito la storia dell’impunità e della reintegrazione nella vita pubblica repubblicana di molti italiani accusati di crimini di guerra alla fine del secondo conflitto mondiale. Tra essi Ugo Luca, per l’appunto, un veterano delle operazioni coperte, attivo sin dai tempi della Grande Guerra, buon conoscitore della lingua turca, stimato personalmente da Benito Mussolini. Negli anni Venti e Trenta Luca lavora a lungo tra Anatolia, Rodi e Libia ed è così che si conquista il soprannome di «Lawrence d’Arabia italiano».
Nel 1942 il suo destino si incrocia con quello di Lea Schiavi, una trentacinquenne giornalista antifascista piemontese, sposata con Winston Burdett, un collega americano. I due lavorano per i servizi alleati, agendo soprattutto in Iran, un paese di notevole importanza strategica. Vi operano infatti molte spie italiane e tedesche che si muovono per sobillare la popolazione contro gli occupanti inglesi e sovietici. Lea Schiavi fa esattamente il contrario: va nei campi di concentramento inglesi a fare propaganda antiregime con i prigionieri italiani. A Roma se ne decide l’eliminazione. I servizi segreti italiani locali affidano il compito ad un gruppo di amieh (guardiani stradali) curdi. Il 24 aprile 1942 la Schiavi cade in un agguato nei pressi di Mianduab. Il marito, indagando sulla sua morte, viene a sapere da un funzionario dell’ambasciata turca che Luca gli si è dichiarato più volte responsabile dell’assassinio.
Finita la guerra lo riferirà alla magistratura italiana senza essere creduto. Ugo Luca, nel frattempo, era passato indenne alla caduta del fascismo e all’armistizio, andando a collaborare con i militari fedeli al re in funzione antitedesca e guadagnandosi la stima del colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, capo del Fcmr (Fronte clandestino militare di Resistenza).
Passano gli anni, nasce la Repubblica. Dopo la strage di Portella della Ginestra del primo maggio del 1947, in cui oltre dieci lavoratori sono assassinati dalla banda criminale di Salvatore Giuliano, il ministro dell’interno Mario Scelba affida al «Lawrence d’Arabia italiano» le redini del Cfrb, Comando forze repressione banditismo. Luca agisce in Sicilia con i suoi metodi: riesce ad intercettare e «comprare» Gaspare Pisciotta, sodale di Giuliano, convincendolo ad uccidere nel sonno il compare. La versione ufficiale attribuirà le circostanze della morte ad un conflitto a fuoco con i carabinieri.
Quando, dopo l’arresto del Pisciotta, la verità emerge, le polemiche divampano ma nulla pare danneggiare la carriera del Luca. Promosso generale, si ritira in pensione nel 1954 divenendo sindaco di Feltre dal 1962 al 1967, anno in cui, il 4 luglio, muore per un infarto. info@alessandrotortato.com