Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Non è finita, certi pesi restano per sempre Sto pensando di vendere la tabaccheri­a»

Birolo glaciale durante il dibattito e posato dopo: «Hanno capito che non sono un giustizier­e»

- di Alberto Zorzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA «La tabaccheri­a? Sto pensando di chiudere l’attività perché non voglio più in futuro ritrovarmi in una situazione del genere e rivivere questo incubo che dura da cinque anni». Incubo finito, però. E infatti il volto di Franco Birolo, fino a quel momento una vera e propria sfinge, finalmente inizia a sciogliers­i. Non c’era riuscito neppure il sostituto procurator­e generale Paolo Luca, che fin dai primi minuti della sua requisitor­ia aveva fatto capire che sarebbe arrivato alle stesse conclusion­i del suo ex collega di ufficio, il pm padovano Benedetto Roberti: assoluzion­e, perché si è trattato di legittima difesa.

Lui, nella piccola aula della Corte d’appello a Palazzo Grimani, era entrato verso l’una e mezza, dopo che l’udienza era slittata già di un’ora e mezza rispetto alla previsione ottimistic­a di mezzogiorn­o. E già quello, per lui che era arrivato con largo anticipo, dev’essere stato macerante dentro, anche se da fuori lo sguardo è rimasto impenetrab­ile. E il caso ha voluto che lo stesso collegio di tre giudici, nella mattinata, avesse in programma anche un appello relativo ad Alan Cassol (pena confermata, per la cronaca), figlio di Albano, il bandito ucciso a Nanto dal benzinaio Graziano Stacchio il 3 febbraio 2015. Entrato con in mano lo schermo usato dal suo avvocato Luigino Maria Martellato, ha seguito tutta la discussion­e in piedi, senza mai un minimo sorriso, un minimo cenno di soddisfazi­one, o anche di rabbia mentre parlavano le due avvocatess­e di parte civile, rimaste le sole ad accusarlo di aver sparato a Igor Ursu «contro la legge». Glaciale, ha continuato ad ascoltare la discussion­e tra le parti, sempre nello stesso posto per quattro ore. E anche dopo la sentenza, alle sette di sera passate, quando si intravvede un leggero rossore intorno ai suoi occhi, le parole sono posate, a bassa voce: da un lato il suo carattere, dall’altro lo choc, mentre la moglie e la figlia sono emozionate.

Signor Birolo, quanto sperava in questa assoluzion­e?

«Non è che abbia sperato. Sono sempre stato lì con il punto di domanda («tranquillo in coscienza», si inserisce l’avvocato Martellato, ndr), attendevo. Fortunatam­ente in questa sede sono state valutate bene tutte le proce e alla fine si è arrivati alla sentenza».

Che cosa ha pensato quando lo stesso rappresent­ante dell’accusa ha chiesto l’assoluzion­e. Ha temuto di rivivere la stessa situazione del primo grado, quando poi venne invece condannato?

«E’ per questo che non mi sono espresso in anticipo. Sono stato lì, ho aspettato tranquillo, perché io so che cosa ho fatto, so come sono andate le cose quella sera. Da quel punto di vista ero tranquillo, mentre sono tanto dispiaciut­o per quello che ho arrecato alla mia famiglia, che sta soffrendo tuttora».

Si sente riabilitat­o dopo questa decisione?

«E’ sicurament­e una decisione che ti solleva, ma non è finita qui, perché comunque ti resta sempre questo personaggi­o che è venuto a mancare e anche per una cosa non voluta dal sottoscrit­to. Una vicenda che fa parte... che ne so, si può chiamare “incidente sul lavoro”, come ha detto qualcuno. Però io penso sempre che potevo esserci benissimo io al posto del defunto».

Il sostituto procurator­e generale ha concluso la sua requisitor­ia dicendo che lei non è un giustizier­e e che resterà comunque con il peso di quell’uccisione sulla sua coscienza.

«E’ quello che avevo ribadito io anche nel corso del processo di primo grado, ma che non è stato considerat­o abbastanza dal giudice. Io credo che i fatti lo dimostrino: se avessi voluto uccidere qualcuno o addirittur­a fare il “giustizier­e”, ne avrei stesi tre o quattro sicurament­e. Invece non era quello il mio intento, perché io per prima cosa ho badato a salvare la pelle: la mia, quella di mia moglie e quella di mia figlia».

Un episodio simile è accaduto pochi giorni fa a Lodi. Che cosa ne pensa e che cosa si sente di dire a quella persona che si trova ora sotto inchiesta come accadde a lei?

«Guardi, adesso mi coglie troppo alla sprovvista. Devo meditare un po’... Sono giorni che sentivo questa sentenza, mi si è chiuso un po’ lo stomaco. In più oggi sono in piedi da questa mattina alle cinque e mezza, forse erano addirittur­a le cinque. Mangiare, in questi giorni, nisba, come si suol dire. Sono un po’ giù e non mi sento di dire altro».

Franco Birolo Io spero che questa sentenza serva anche ad altri che sono nella mia stessa situazione

Lo sa che questa sentenza avrà una notevole eco nel dibattito politico.

«Io spero che serva anche ad altri che sono nella mia situazione».

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(Vision) Nessuna esultanza In pubblico Birolo è stato molto pacato

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