Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Non è finita, certi pesi restano per sempre Sto pensando di vendere la tabaccheria»
Birolo glaciale durante il dibattito e posato dopo: «Hanno capito che non sono un giustiziere»
VENEZIA «La tabaccheria? Sto pensando di chiudere l’attività perché non voglio più in futuro ritrovarmi in una situazione del genere e rivivere questo incubo che dura da cinque anni». Incubo finito, però. E infatti il volto di Franco Birolo, fino a quel momento una vera e propria sfinge, finalmente inizia a sciogliersi. Non c’era riuscito neppure il sostituto procuratore generale Paolo Luca, che fin dai primi minuti della sua requisitoria aveva fatto capire che sarebbe arrivato alle stesse conclusioni del suo ex collega di ufficio, il pm padovano Benedetto Roberti: assoluzione, perché si è trattato di legittima difesa.
Lui, nella piccola aula della Corte d’appello a Palazzo Grimani, era entrato verso l’una e mezza, dopo che l’udienza era slittata già di un’ora e mezza rispetto alla previsione ottimistica di mezzogiorno. E già quello, per lui che era arrivato con largo anticipo, dev’essere stato macerante dentro, anche se da fuori lo sguardo è rimasto impenetrabile. E il caso ha voluto che lo stesso collegio di tre giudici, nella mattinata, avesse in programma anche un appello relativo ad Alan Cassol (pena confermata, per la cronaca), figlio di Albano, il bandito ucciso a Nanto dal benzinaio Graziano Stacchio il 3 febbraio 2015. Entrato con in mano lo schermo usato dal suo avvocato Luigino Maria Martellato, ha seguito tutta la discussione in piedi, senza mai un minimo sorriso, un minimo cenno di soddisfazione, o anche di rabbia mentre parlavano le due avvocatesse di parte civile, rimaste le sole ad accusarlo di aver sparato a Igor Ursu «contro la legge». Glaciale, ha continuato ad ascoltare la discussione tra le parti, sempre nello stesso posto per quattro ore. E anche dopo la sentenza, alle sette di sera passate, quando si intravvede un leggero rossore intorno ai suoi occhi, le parole sono posate, a bassa voce: da un lato il suo carattere, dall’altro lo choc, mentre la moglie e la figlia sono emozionate.
Signor Birolo, quanto sperava in questa assoluzione?
«Non è che abbia sperato. Sono sempre stato lì con il punto di domanda («tranquillo in coscienza», si inserisce l’avvocato Martellato, ndr), attendevo. Fortunatamente in questa sede sono state valutate bene tutte le proce e alla fine si è arrivati alla sentenza».
Che cosa ha pensato quando lo stesso rappresentante dell’accusa ha chiesto l’assoluzione. Ha temuto di rivivere la stessa situazione del primo grado, quando poi venne invece condannato?
«E’ per questo che non mi sono espresso in anticipo. Sono stato lì, ho aspettato tranquillo, perché io so che cosa ho fatto, so come sono andate le cose quella sera. Da quel punto di vista ero tranquillo, mentre sono tanto dispiaciuto per quello che ho arrecato alla mia famiglia, che sta soffrendo tuttora».
Si sente riabilitato dopo questa decisione?
«E’ sicuramente una decisione che ti solleva, ma non è finita qui, perché comunque ti resta sempre questo personaggio che è venuto a mancare e anche per una cosa non voluta dal sottoscritto. Una vicenda che fa parte... che ne so, si può chiamare “incidente sul lavoro”, come ha detto qualcuno. Però io penso sempre che potevo esserci benissimo io al posto del defunto».
Il sostituto procuratore generale ha concluso la sua requisitoria dicendo che lei non è un giustiziere e che resterà comunque con il peso di quell’uccisione sulla sua coscienza.
«E’ quello che avevo ribadito io anche nel corso del processo di primo grado, ma che non è stato considerato abbastanza dal giudice. Io credo che i fatti lo dimostrino: se avessi voluto uccidere qualcuno o addirittura fare il “giustiziere”, ne avrei stesi tre o quattro sicuramente. Invece non era quello il mio intento, perché io per prima cosa ho badato a salvare la pelle: la mia, quella di mia moglie e quella di mia figlia».
Un episodio simile è accaduto pochi giorni fa a Lodi. Che cosa ne pensa e che cosa si sente di dire a quella persona che si trova ora sotto inchiesta come accadde a lei?
«Guardi, adesso mi coglie troppo alla sprovvista. Devo meditare un po’... Sono giorni che sentivo questa sentenza, mi si è chiuso un po’ lo stomaco. In più oggi sono in piedi da questa mattina alle cinque e mezza, forse erano addirittura le cinque. Mangiare, in questi giorni, nisba, come si suol dire. Sono un po’ giù e non mi sento di dire altro».
Franco Birolo Io spero che questa sentenza serva anche ad altri che sono nella mia stessa situazione
Lo sa che questa sentenza avrà una notevole eco nel dibattito politico.
«Io spero che serva anche ad altri che sono nella mia situazione».