Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ex popolari verso gli aiuti di Stato Rimborsi, sì dalla Fondazione Roi
Adesioni al 45%, l’ente culturale firma per il suo 1,7%. Diamanti: «Unica via»
VENEZIA Le ex popolari «ufficializzano» a Bce la ricapitalizzazione con i fondi dello Stato. Mentre sul fronte rimborsi Popolare di Vicenza ha reso note ieri sera le regole per il fondo da 30 milioni per i soci in condizioni di povertà (rimborsi fino a 20 mila euro per chi ha Isee fino a 13 mila euro) e registra l’adesione della Fondazione Roi, che da sola vale l’1,7% del capitale toccato dall’offerta ai 169 mila soci delle due banche, e si prepara in parallelo a Veneto Banca a gestire la prevedibile onda di richieste degli ultimi otto giorni, rispetto alla quale Montebelluna ha deciso ieri di affiancarsi a Vicenza, sabato prossimo, nella terza giornata di apertura straordinaria, stavolta con tutte le filiali aperte. Si giocano il tutto per tutto le ex popolari in mano al fondo Atlante di qui a fine marzo. In un pericoloso rompicapo in cui si devono far incastrare più tasselli. Ad iniziare dalla difficile trattativa in parallelo - le ex popolari con la Banca centrale europea, il ministero del Tesoro con l’Unione europea - su ricapitalizzazione e fusione.
Ieri un primo punto fermo. II cda di Bpvi ha esaminato la bozza di lettera con cui la banca risponderà entro venerdì alla richiesta di Francoforte su come intende coprire il deficit di capitale. Il testo definitivo sarà approvato dai cda delle due banche nelle riunioni in parallelo di giovedì. La bozza mette nero su bianco il ricorso agli aiuti di Stato, a cui le due banche ritengono di aver diritto. Le risposte saranno divise, ma ripeteranno che la fusione è la sola via per il rilancio.
Il quadro resta molto complicato. Con un aumento di capitale per le due banche da 4,7 miliardi in vista della fusione, già presentato a Francoforte a ottobre (che ha risposto con una serie di condizioni: capitala al 12%, cessione totale delle sofferenze per 9,2 miliardi nel primo semestre, accantonamenti per 3,3 miliardi che si rifletteranno in rosso sui bilanci 2016, che potrebbe arrivare in cda a Vicenza già dopodomani), che Bce vuole tutti e subito. Con l’assurdo di scrivere a questo punto alle banche separate su come intendono procedere, con un segnale pesante sulla fusione, perché il piano non è approvato.
Il tutto e subito costringe a ricorrere all’intervento dello Stato. E nell’incrocio delle richieste con la Direzione concorrenza dell’Ue, che blocca l’uso dei fondi statali sulle perdite pregresse, si sta creando un campo minato che rischia di far saltare il salvataggio. Anche perché la soluzione per mettere al sicuro dalle trappole, chiesta dal segretario della Fabi, Lando Sileoni, un aumento di capitale misto Stato-Atlante, con il Tesoro invitato a convocare i soci del fondo per spingere sulla ricapitalizzazione, si scontra con la dichiarata volontà di molti di loro di non mettere altri soldi. Qualcosa qui si potrebbe sapere già oggi, dalla riunione del comitato investitori.
In questo clima arriva alla stretta finale anche la partita rimborsi. Dove un’alta adesione (a gennaio si era detto l’80%) è il presupposto per disinnescare il rischio cause (quasi diecimila i contenziosi avviati). Giunti al 45% di adesione, i segnali di progressione ci sono. A partire da sabato, che in quattro ore ha visto transazioni per la metà di una giornata normale. E con risultati parziali, come l’area di Castelfranco Veneto, centrale per Bpvi, che avrebbe totalizzato rimborsi per oltre mezzo milione di euro. E con Veneto Banca, in cui pare a portata di mano un’adesione vicina al 70%, che ha deciso ieri l’apertura anche per sabato prossimo in tutte le filiali. A Vicenza, intanto, dove da ieri le transazioni vanno avanti a ritmi doppi rispetto alla scorsa settimana, a portare al 40% le adesioni è stata la decisione della Fondazione Roi, di accettare la transazione proposta da Bpvi. Decisione di rilievo: la fondazione con 510 mila azioni, e 426 mila toccate dalla transazione, è il primo socio nel perimetro dell’operazione. Venti milioni bruciati, un ristoro di 3,8 milioni di euro. «Personalmente - dichiara il presidente Ilvo Diamanti - ho eseguito tutte le verifiche e sottoposto la questione anche a miei consulenti e collaboratori. Ritengo che non si potesse procedere altrimenti».