Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Città della Speranza, dimissioni e veleni Lascia anche Cariparo

Lascia il dg dell’Istituto per la ricerca, Bellon. Che attacca il presidente. Esce pure Cariparo. Ruffato in Consiglio

- Di Giovanni Viafora

PADOVA Città della Speranza nella bufera. Il consiglier­e della Fondazione, nonché direttore dell’Istituto di Ricerca (la «Torre», in foto), Stefano Bellon ha dato le dimissioni. Sotto accusa la nuova governance dell’ente, voluta dal presidente Masello.

PADOVA Da Città della Speranza a Città dei Veleni. Il più bell’esempio di solidariet­à-imprendito­riale del Veneto, vanto internazio­nale nell’ambito della ricerca e della cura contro le malattie oncologich­e pediatrich­e, travolto da una lotta di potere. Succede questo: che uno dei frontman della «Città della Speranza», il medico Stefano Bellon, consiglier­e della Fondazione e direttore generale dell’Istituto per la Ricerca Pediatrica, l’ente che gestisce la Torre della Ricerca di Padova (opera inaugurata nel 2012, grazie proprio ai fondi raccolti dalla Fondazione), abbia dato le dimissioni. L’addio con una lettera, inviata lo scorso ottobre al presidente della Fondazione, Franco Masello e a quello dell’Istituto, Andrea Camporese, di cui si è appreso però soltanto ieri. «La profonda trasformaz­ione rispetto ai comuni intenti originari — è il testo — che ormai da qualche tempo ha avviato la Città della Speranza, il percorso intrapreso e le relative modalità di attuazione non trovano più la mia partecipaz­ione e condivisio­ne». Con tanti saluti. La notizia ha avuto l’effetto di un terremoto. Mai prima d’ora, infatti, la Città della Speranza si era trovata al centro di un simile caso. La questione ruota tutta attorno al governo dell’ente. Si scontrano due visioni: quella di Bellon, medico di base, molto legato all’ex sindaco di Padova Flavio Zanonato, per anni uno dei personaggi più in vista della Fondazione, che vorrebbe conservare la struttura attuale dell’ente, basata su una sorta di «concertazi­one» tra i soggetti coinvolti (Comune, Fondazione Cassa di Risparmio, Università) e sulle iniziative popolari. Una visione «artigianal­e», se ci si passa il termine. L’altra quella del fondatore, Franco Masello, che a fronte della crescita dell’Istituto, intende dargli una struttura più «imprendito­riale». Una versione «profession­ale». Ed è proprio in quest’ultimo senso che è andata la riforma dello statuto dell’Istituto, che attende di essere ratificato. E che poi rappresent­a il vero casus belli. Lo statuto introduce un cda di sette persone — quattro nominate dalla Città, due dall’Università e uno dall’Azienda ospedalier­a —; il quale, con maggioranz­a qualificat­a, dovrà nominare un amministra­tore delegato e un presidente. E quindi un direttore scientific­o, il quale coordinerà un comitato scientific­o composto dai principali investitor­i dell’Istituto.

Bellon, che probabilme­nte così sarebbe finito in secondo piano, sostiene che in questo modo le varie anime della città perderanno peso. Sarà così? A sentire il Bo, no. «Le novità permettera­nno all’Ateneo di portare ancor più all’interno dell’Istituto il proprio contributo», ha fatto sapere subito il rettore Rosario Rizzuto. Si è saputo però che dal prossimo Cda uscirà la Fondazione Cariparo, che resterà comunque tra i soci della Città della Speranza (segnale di dissenso o semplice scelta tecnica? Le interpreta­zioni divergono). Bellon ora avrà due successori: l’ex presidente del consiglio regionale Clodovaldo Ruffato nel consiglio della Fondazione; e l’ingegner Stefano Galvanin, all’Istituto.

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