Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ora il tabaccaio assolto chiede i danni ai ladri
Il tabaccaio assolto: «Sono io a dover essere risarcito. Farò causa civile» L’alleanza con Stacchio: «Deve cambiare la legge sulla legittima difesa»
CORREZZOLA (PADOVA) Franco Birolo, il tabaccaio che nel 2012 uccise uno dei ladri penetrato nella notte insieme a tre complici nella suo negozio, dopo l’assoluzione in appello vuole intentare una casa civile di risarcimento danni. Li chiederà all’unico complice della vittima identificato.
CORREZZOLA (PADOVA) Concluso il «lungo calvario giudiziario» con la sentenza di assoluzione pronunciata lunedì dalla Corte d’Appello di Venezia dopo i due anni e 8 mesi disposti in primo grado per eccesso colposo di legittima difesa, ora Franco Birolo passa al contrattacco. Il padovano che nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2012 sparò e uccise il 23enne moldavo Igor Ursu con tre complici penetrato nella sua tabaccheria-edicola di Civè di Corezzola, vuole chiedere i danni. «La sentenza d’appello non ha ribaltato la prima, che mi imponeva anche un risarcimento di 225mila euro alla madre di Ursu e 100mila alla sorella — ragiona Birolo —. Se l’avesse ribaltata, il giudice avrebbe disposto che sia risarcito io dei danni subiti, almeno materiali, e invece così non è. Una volta chiusa la parentesi penale, farò causa civile per ottenere il risarcimento. Dopotutto non ho ancora sistemato i serramenti della porta del negozio che i ladri sfondarono con un’auto». Ma su chi rivalersi, esclusa la madre di Ursu alla quale Birolo dice di «sentirsi vicino»? «Al momento è stato identificato solo uno dei tre complici, Gherghe Neagu (il 20enne rumeno immobilizzato e consegnato ai carabineri dal tabaccaio, ndr) — spiega l’avvocato dell’esercente, Luigino Martellaro —. Ha patteggiato due anni e 5 mesi di carcere, oltre al pagamento di 600 euro di multa, ottenendo la sospensione condizionale della pena per tentato furto pluriaggravato e furto dell’auto impiegata per il colpo».
Birolo è intenzionato a procedere. Anche perchè deve pagare le spese legali, e la colletta lanciata dal Comune con l’apertura di un conto corrente finora ha raccolto solo 4mila euro. In compenso il paese non gli ha mai fatto mancare la sua solidarietà e anche ieri mattina, appena messa fuori la locandina con la notizia dell’assoluzione («un anno fa avevo fatto lo stesso con l’annuncio della condanna»), per Birolo è stato tutto un abbraccio, una stretta di mano, un sorriso complice. Un via vai superato solo dalla ressa di giornalisti che fra interviste, dirette tv e collegamenti l’hanno monopolizzato dalle 7.30 del mattino. «Fa molto piacere l’affetto delle persone — ammette Birolo — con i clienti abituali è bastato un cenno, uno sguardo, una stretta di mano per intenderci, per condividere lo stesso pensiero, lo stesso sentimento. Per me, mia moglie e mia figlia è un sollievo l’assoluzione, anche perché ci toglie dalla testa la spada di Damocle del risarcimento da corrispondere. Quanto all’assalto dei media, cerco di trarne un vantaggio: mi sono preso l’impegno di attirare l’attenzione sulla legittima difesa, sull’attacco alla proprietà privata, sul fatto che i criminali non possano essere rilasciati subito». Si sente spesso con «i colleghi di sventura» Graziano Stacchio e Roberto Zancan (il primo è il benzinaio che sparò e uccise a Ponte di Nanto uno dei rapinatori della gioielleria del secondo), Francesco Sicignano (il pensionato milanese che freddò un ladro in casa), Carla De Conti (la tabaccaia di San Fior che dopo una raffica di rapine si è armata) e Walter Onichini (il macellaio di Legnaro che ferì uno della banda che lo derubò), uniti per «convincere chi di dovere a modificare la legge sulla legittima difesa». Nei prossimi giorni il padovano telefonerà anche a Mario Cattaneo, il ristoratore di Lodi che ha ucciso uno dei ladri sorpresi nella sua osteria-tabaccheria. «Il Paese ha bisogno di qualcosa di più forte da questo punto di vista — aggiunge Birolo — non stiamo parlando di farsi giustizia da soli, di Far West o di licenza di uccidere, ma di potersi difendere dalle aggressioni senza poi subire un’odissea giudiziaria. Non sono un pistolero, ho solo reagito ad un agguato».
Per strada tutti lo salutano con cenni, fari e clacson: l’autista della corriera di linea, il conducente del furgoncino delle Poste, gli automobilisti di passaggio. Dal bar vicino sale un gran brusio: «Siamo diventati la capitale del mondo, tutti i giornalisti sono qui da noi»; «Varda la Rai e Sky!»; «Domani siamo dalla D’Urso, oggi su La7 e Rete 4». Lui sorride, è gentile, si presta a telecamere e flash, dà consigli ai cameraman («sei lungo»), ascolta paziente anche le domande più sceme: «Dica, dica in telecamera: se tornassi indietro non lo rifarei, il morto è coetaneo di mia figlia»; «Ma mia figlia è più piccola e poi bisogna trovarsi in certe situazioni per capire». S’incupisce solo quando si parla di pentimento: «Non mi devo pentire, sono dispiaciuto per la morte del rapinatore, però non mi sento un peccato sulla coscienza, è stato un incidente e lui ha avuto la peggio. In quei momenti non si ha il tempo di ragionare, accade tutto all’improvviso e si agisce d’istinto. Io mi sono trovato quattro persone in casa che non avevo invitato, hanno sfondato il vetro della tabaccheria ed è scattato l’allarme. Sono sceso, ho gridato per farli desistere ma loro hanno continuato a saccheggiare il negozio, ne avevo uno alle spalle. Non sapevo quanti fossero, la mia famiglia era in pericolo e ho cercato di proteggerla».
Birolo Pentito? E’ stato un incidente, non ho peccati sulla coscienza