Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’eutanasia e il relativismo dell’Europa
Il caso della morte assistita del giovane che è andato in Svizzera per sottoporsi all’eutanasia non tiene conto di almeno tre dati che mi paiono fondamentali per affrontare laicamente una questione di grande delicatezza.
Il primo è in ordine al principio della vita. La vita in quanto tale è un valore che trascende il singolo e, in qualche modo, appartiene alla comunità umana. Altrimenti sarebbe la vittoria della solitudine e della cultura dello scarto.
Questo, secondo me, è il principio da cui partire.
Il secondo principio è quello della dignità della vita del malato e dei suoi familiari. L’assistenza che la comunità deve all’individuo affinché le sue sofferenze, il suo dolore (sia fisico, che psicologico che spirituale) vengano lenite deve essere un elemento cardine per ogni legge ben fatta, e deve tutelare le persone e i familiari delle persone che soffrono.
La terza questione riguarda il fatto che esistano oggi in Europa, qui intesa come espressione geografica, luoghi dove sia possibile ricorrere alla fine vita non solo perché prigionieri del nostro corpo, ma semplicemente perché si ha voglia di morire.
Ha ragione il presidente Zaia quando chiede che venga varata al più presto una legge sul testamento biologico, perché è necessario che si riconosca la dignità di chi soffre. Alla stessa stregua è necessario che anche l’Europa si muova verso un comune principio.
Da una parte dobbiamo darci delle regole che non consentano ad altri Paesi di agire in disprezzo delle leggi locali, e dall’altra dobbiamo essere vigili a non trasformare il principio della dignità della persona che soffre nel disprezzo verso il valore della vita.
Perché se è vero che la storia di Fabo ci ha colpiti nell’anima, è altrettanto vero che oggi nei Paesi europei che prendiamo come modelli da seguire le morti per eutanasia sono aumentate esponenzialmente.
Per questo credo sia importante lavorare anche in sede europea affinché non si cada nella tentazione con quel relativismo culturale che nulla ha a che vedere con il rispetto del dolore e della dignità di chi soffre.
Perché per quanto assurda e incoerente, la vita è un valore irrinunciabile. (*Europarlamentare
della Lega Nord)