Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Masello assolutista, ha stravolto le origini Non siamo un’azienda ci vuole condivisione»
PADOVA «Ho una figlia nata nel 1994, mentre la mia esperienza nella Fondazione è iniziata nel 1993. Vuol dire che mia figlia è venuta su a matematica e Città della Speranza. Ventitrè anni non li cancelli così. Ma onestamente non ce la facevo più...».
Stefano Bellon, le sue dimissioni sono dello scorso 13 ottobre. Da quanto ci pensava?
«Quella lettera è il frutto di una sofferenza meditata e condivisa, che nasce da lontano. Diciamo due anni fa. Ho tenuto duro, ma poi...»
Cosa l’ha fatta soffrire?
«Lo stravolgimento. È stato quando si è deciso di passare dalle decisioni condivise alla volontà di affidare tutto alla capacità gestionale di una persona sola...».
Che sarebbe il presidente Masello, no?
«Sì. Una persona con un carattere che non prevede il confronto e la democraticità; ma solo l’assolutismo. Cioè: ”Esisto io, solo io, che sono un imprenditore di successo, etc...”. Ed è sempre stato così».
Però lavoravate insieme da più di vent’anni. Cosa è successo?
«L’Istituto è stato realizzato - e su questo sono presuntuosamente imbattibile - con la specifica volontà e determinazione di migliaia di persone. Riavvolgiamo il nastro dei guinness, per esempio: gente che per ore ha aspettato di nuotare o di correre, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per un obiettivo e un ideale ben precisi: sostenere la ricerca scientifica in ambito pediatrico e la pediatria. Poi, improvvisamente, basta, via tutto. Ma non ci sono solo gli imprenditori, che cerca Masello; c’è anche un esercito di persone che ha fatto tantissimo. Siamo sicuri quindi che cambiare modello sia la scelta migliore? Ed è lui a volerlo».
Insomma, lei contesta il nuovo statuto. Eppure esso introduce una governance complessa: non proprio «un solo uomo al comando»...
«Le pare possibile che d’ora in poi si possa decidere a maggioranza? L’istituzione è nata con il coinvolgimento di tutti, dal più grande al più piccolo. E ora si decide a maggioranza?».
Beh, detta così potrebbe non essere una brutta idea...
«Ripeto, siamo sicuri che sia il modello migliore quando il 40% dello sforzo arriva dalla parte pubblica, cioè da Fondazione Cassa di Risparmio, Azienda ospedaliera, Università? Il terreno su cui è stato costruita la Torre della ricerca chi ce l’ha regalato? I cittadini padovani. Perché il Consorzio Zip (Zona industriale Padova, ndr) è di Comune, Provincia e Camera di Commercio, quindi vuol dire che i cittadini padovani ci hanno regalato un terreno dal valore di 1,8 milioni di euro. E ancora, siamo sicuri che l’amministratore delegato, che sarà nominato dal fondatore e che non si confronterà con nessuno, sia davvero così bravo?».
Bellon L’Istituto è stato realizzato con la volontà di migliaia di persone. Siamo sicuri che sia giusto cambiare?
Ha citato l’Università. Il Bo però ha approvato lo statuto che lei contesta.
«Il rettore mi pare abbia deciso, ha scelto di non essere rappresentato direttamente all’interno del cda. C’è da chiedersi come mai. Come mai l’Ateneo cambi atteggiamento, dopo aver seguito e caldeggiato il modello della condivisione».
Lei pensa che questo nuovo modello possa recare pregiudizio al lavoro della «Torre»?
«La “Torre” può fare cose grandissime, ma solo se mantiene la condivisione delle decisioni, altrimenti no. Non è un’azienda, ma un istituto di ricerca creato con il contributo di tutti».
Con Masello ha parlato? Come ha accolto le dimissioni?
«No, non l’ho sentito. C’è stato un fugace incontro casuale in occasione di un’iniziativa per la ricerca a novembre. Mi caverà la pelle: la prima, la seconda e la terza pelle. Perché è determinato su questa sua volontà di essere l’unico e basta. Ma io non ne potevo più».