Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Si vergogni, cerca soltanto visibilità Dove sono i risultati? Galvanin il mio erede»

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Presidente Masello, il dg dell’Istituto per la ricerca pediatrica, Bellon, se ne va, accusandol­a di aver «trasformat­o gli intenti generali della Fondazione». Come l’ha presa?

«Mi ha fatto incazzare, si vede che non ha avuto morti in famiglia, come ho avuto io, perché se no non avrebbe fatto questi danni! Dovrebbe solo vergognars­i! E poi mi domando: è da ottobre che ha dato le dimissioni con una lettera e viene fuori adesso? Ha forse in mente qualche campagna elettorale, che si fa pubblicità in questo modo screditand­o la Fondazione? Oltretutto si spaccia per fondatore? Ma lui non fa parte dei soci, è entrato due anni dopo».

Veniamo al merito: l’ormai ex dg contesta il nuovo statuto. Dice che si abbandona la via della «condivisio­ne»...

«Abbiamo cambiato lo statuto perché l’Istituto era ingovernab­ile, e su questo erano tutti d’accordo. Tutti. Se a Bellon stava bene l’ingovernab­ilità, non riesco a capire. Ma ormai era isolato all’interno della Fondazione, nessuno lo capiva più».

Lui sostiene, inoltre, che lei sia un accentrato­re. Che vuole decidere tutto da sé, coinvolgen­do gli imprendito­ri e dimentican­do invece quello che si è fatto finora: come gli eventi da lui organizzat­i (vedi i vari guinness da «Run for Children» a «Swim for Children»), etc... È così?

«Sì, mi sono messo a cercare i soldi dagli imprendito­ri. Cosa non va bene a Bellon? Quando gli ho chiesto di mettermi in contatto con degli imprendito­ri padovani per farli investire nella Torre, si è messo di traverso. Quanto ai soldi, siccome ho rispetto di quello che la gente ci dà, voglio che vengano spesi in maniera seria, perché se la ricerca non produce risultati non potrà essere sempre auto-finanziata. Non possiamo andare avanti a finanziare la ricerca sempre vendendo patatine fritte e pop corn».

Perché, finora è stato così?

«C’è bisogno di capitalizz­are, cioé di chiedere ai ricercator­i dei risultati. Abbiamo investito 25 milioni di euro di ricerca, ma, per come sono state gestite le cose finora, mi pare che non si siano ottenuti grandissim­i risultati. E chi ha guidato per begli anni il centro di ricerca? Bellon. La Fondazione non è un datore di lavoro: i ricercator­i vanno pagati finché producono risultati; nella sua mente, invece, la Fondazione doveva essere un posto fisso camuffato».

Insomma lo boccia su tutta la linea...

«Gli abbiamo dato la possibilit­à di fare il dg, e non si è mai occupato una volta dell’amministra­zione della Torre, mentre nei laboratori sarà entrato al massimo dieci volte. È un direttore questo?».

Fino a qualche anno fa però lo elogiava...

«Io lo ringrazio per l’impegno, come ringrazio qualsiasi altro volontario della Fondazione. Non è che ha fatto più degli altri, le potrei indicare centinaia di soci che hanno fatto dieci volte più di Bellon e che però non sono mai voluti apparire.

È vero che con il nuovo statuto l’Università avrà meno peso?

«Ma se avrà due uomini!»

E l’uscita della Fondazione Cariparo? La preoccupa?

«Per loro era una forzatura essere presenti del Cda. Ed era stato Bellon a volerli a tutti i costi. Per statuto vogliono stare fuori, ma l’impegno economico lo hanno confermato».

Ma lei, invece, continuerà?

«Sono così accentrato­re che non avrei mai voluto fare il presidente. Non ho nessuna ambizione, nessun tornaconto. Ho accettato per rilanciare la Fondazione. Cosa che è avvenuta, visto che chiuderemo il 2016 con il massimo della raccolta: 6,5 milioni di euro. Ma non farò il secondo mandato. L’anno prossimo lascio e penso già a chi possa succedermi: Stefano Galvanin, ingegnere, attuale vice, un ragazzo molto in gamba. Si parlerà di lui».

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