Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Velo islamico, Villanova rilancia «Vietiamolo»

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VENEZIA Velo islamico vietato sul posto di lavoro, dopo la sentenza della Corte europea di giustizia di Lussemburg­o, il gruppo «Zaia Presidente» in Regione chiede di accelerare sulla proposta di legge nazionale per mettere fuori legge burqa e niqab, i veli che coprono tutto il volto o lasciano scoperti solo gli occhi. «Il pronunciam­ento della Corte che ha dichiarato ammissibil­e e non discrimina­torio il divieto di velo al lavoro dimostra che eravamo nel giusto», scandisce il consiglier­e regionale Alberto Villanova, promotore della legge presentata a febbraio. Il testo prevede che il tutti i luoghi pubblici o aperti al pubblico, il viso non possa essere celato. Niente niqab in ospedale, per la strada, a teatro, negli uffici pubblici, nei negozi. Insomma, dappertutt­o: il velo integrale lo si potrà al massimo indossare a casa propria o di amici. «Ora si tratta di accelerare su questa strada che, come ha detto la Corte, non è discrimina­toria, e passare, per quanto nelle nostre facoltà, ad azioni concrete». Secondo il consiglier­e, la sentenza rafforza anche la sua proposta di regolament­o che vieta il volto coperto in ospedali, distretti sanitari e uffici pubblici regionali. già passata in commission­e ma non ancora calendariz­zata in consiglio. «Se la legge nazionale deve seguire il suo iter, noi possiamo già intervenir­e ora, appunto regolament­ando l’accesso alle nostre sedi e agli ospedali — continua Villanova —. Rispetto la fede e il credo altrui, ma pretendo anche che vengano garantite condizioni di sicurezza a tutti. Di questi tempi, celare il volto, può creare disagio e insicurezz­a». Una simile argomentaz­ione, la scorsa estate aveva fatto vietare il burquini in Costa Azzurra, con inevitabil­e coda polemica e imitativa anche sui nostri lidi. La motivazion­e dei giudici della Corte di Giustizia non è l’allarme che suscita il burqa ma l’esigenza di neutralità cui ha diritto un’impresa quando si presenta ai clienti: in tal caso, e a patto che il divieto non sia usato come leva di discrimina­zione, è legittimo vietare il velo, ma anche turbanti e abbigliame­nto ispirato alla Cina di Mao. «Come Regione non possiamo sostituirc­i al legislator­e nazionale ma abbiamo un buon margine d’azione», conclude il consiglier­e (mo.zi.)

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