Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gli architetti: «Treviso non è mai stata snaturata»
I professionisti che ridisegnarono la città: «Non temete il nuovo»
TREVISO Una città che cambia sotto gli occhi dei suoi cittadini è analizzata ancor più nel profondo da chi, in modo concreto e per oltre un decennio, l’ha realizzata mattone dopo mattone. Ieri mattina l’Ordine degli Architetti presentava il quinto numero della rivista Pièra, dedicato agli architetti degli anni Sessanta, ed è stata l’occasione per parlare della nuova Treviso con chi ha iniziato a disegnarla. Vittorio Rossi (Expo Bornello, edilizia residenziale, industriale e commerciale) Roberto Fontana (Camera di Commercio, liceo scientifico ora classico Canova e ospedale Ca’ Foncello) e Luciano Gemin (condominio Molinetto, museo di Santa Caterina), sono coloro che l’hanno rivista sotto una luce nuova, oltre che lucidi osservatori e commentatori della trevigianità odierna. «Ci sono molte strutture moderne e contemporanee inserite nell’antico, architetture che hanno la forza di una visione nuova – rileva Fontana -. La città non è mai stata snaturata, conserva il suo volto, i suoi fiumi e la sua bellezza: l’errore è stato costruire un’altra città fuori mura».
A Treviso ogni nuovo edificio viene passato ai raggi X quando sceglie una strada contemporanea, anche quando entra nel contesto con armonia. C’è una casa in travi di calcestruzzo proprio all’inizio del Calmaggiore, nel cuore della città. A San Francesco un’abitazione privata è oggetto di un restauro già contestato. Lungo il Put sta per essere inaugurato un centro benessere con camere per ospiti, una struttura degli anni Venti in dialogo con la nuova realizzazione che sarà rivestita di edera verde. E poi c’è il museo Bailo. Edifici che escono dal conservatorismo architettonico.
«Conservare sic et simpliciter è morire – sottolinea Rossi -, l’unico modo per vivere è rinnovarsi facendo cose nuove ma di qualità. I trevigiani sono conservatori, ma ogni epoca ha il suo linguaggio». I trevigiani però guardano. E giudicano. «Il vero intervento da fare oggi è sulle periferie, e la città pedonale è un’occasione straordinaria – chiosa Gemin -. La discussione su ciò che è antico o moderno è un falso problema». Non è pensabile introdurre architetture finte per ricordare il passato. «La nuova architettura è un modo per vivere la contemporaneità – chiude il presidente dell’Ordine Alfonso Mayer -. C’è meno distanza tra l’architettura rinascimentale e quella contemporanea di quanto non sembri perché dietro c’è un professionista preparato e che riflette sul modo che avevano di operare nel contesto urbano, è una lettura calibrata per operare oggi. La società è abituata al conformismo, non educata a comprendere il moderno ma un bello passato».
Il presidente Mayer Rinascimentale e moderno sono più vicini di quanto non sembri