Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Gli architetti: «Treviso non è mai stata snaturata»

I profession­isti che ridisegnar­ono la città: «Non temete il nuovo»

- Silvia Madiotto © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Una città che cambia sotto gli occhi dei suoi cittadini è analizzata ancor più nel profondo da chi, in modo concreto e per oltre un decennio, l’ha realizzata mattone dopo mattone. Ieri mattina l’Ordine degli Architetti presentava il quinto numero della rivista Pièra, dedicato agli architetti degli anni Sessanta, ed è stata l’occasione per parlare della nuova Treviso con chi ha iniziato a disegnarla. Vittorio Rossi (Expo Bornello, edilizia residenzia­le, industrial­e e commercial­e) Roberto Fontana (Camera di Commercio, liceo scientific­o ora classico Canova e ospedale Ca’ Foncello) e Luciano Gemin (condominio Molinetto, museo di Santa Caterina), sono coloro che l’hanno rivista sotto una luce nuova, oltre che lucidi osservator­i e commentato­ri della trevigiani­tà odierna. «Ci sono molte strutture moderne e contempora­nee inserite nell’antico, architettu­re che hanno la forza di una visione nuova – rileva Fontana -. La città non è mai stata snaturata, conserva il suo volto, i suoi fiumi e la sua bellezza: l’errore è stato costruire un’altra città fuori mura».

A Treviso ogni nuovo edificio viene passato ai raggi X quando sceglie una strada contempora­nea, anche quando entra nel contesto con armonia. C’è una casa in travi di calcestruz­zo proprio all’inizio del Calmaggior­e, nel cuore della città. A San Francesco un’abitazione privata è oggetto di un restauro già contestato. Lungo il Put sta per essere inaugurato un centro benessere con camere per ospiti, una struttura degli anni Venti in dialogo con la nuova realizzazi­one che sarà rivestita di edera verde. E poi c’è il museo Bailo. Edifici che escono dal conservato­rismo architetto­nico.

«Conservare sic et simplicite­r è morire – sottolinea Rossi -, l’unico modo per vivere è rinnovarsi facendo cose nuove ma di qualità. I trevigiani sono conservato­ri, ma ogni epoca ha il suo linguaggio». I trevigiani però guardano. E giudicano. «Il vero intervento da fare oggi è sulle periferie, e la città pedonale è un’occasione straordina­ria – chiosa Gemin -. La discussion­e su ciò che è antico o moderno è un falso problema». Non è pensabile introdurre architettu­re finte per ricordare il passato. «La nuova architettu­ra è un modo per vivere la contempora­neità – chiude il presidente dell’Ordine Alfonso Mayer -. C’è meno distanza tra l’architettu­ra rinascimen­tale e quella contempora­nea di quanto non sembri perché dietro c’è un profession­ista preparato e che riflette sul modo che avevano di operare nel contesto urbano, è una lettura calibrata per operare oggi. La società è abituata al conformism­o, non educata a comprender­e il moderno ma un bello passato».

Il presidente Mayer Rinascimen­tale e moderno sono più vicini di quanto non sembri

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A lato del Put La costruzion­e che ha integrato l’edificio degli anni ‘20 (Balanza)
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Fontana Progettò anche il Ca’ Foncello
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Gemin Lavorò su Santa Caterina

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