Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Minniti chiuderà Bagnoli e Cona»
Da Padova a Treviso, il ministro incontra i sindaci e annuncia il piano . L’incontro con la donna aggredita
PADOVA Da Padova a Treviso. Doppia tappa in Veneto ieri del ministro degli Interni Marco Minniti, che ha incontrato i sindaci dei Comuni del «distretto dei profughi». Nella città del Santo il capo del Viminale ha anche parlato con la donna aggredita dal migrante di Bagnoli. «Ha promesso che chiuderà l’hub, anche a Cona» annunciano i primi cittadini. Minniti ha spiegato il suo piano in tre punti per gestire l’emergenza.
PADOVA L’aggressione di venerdì sera a Bagnoli a una 41enne, l’arresto, lunedì, del nigeriano ospite del centro profughi Jerry Ogboru, la protesta dei sindaci e l’esasperazione di una popolazione ormai in rivolta. Un’escalation troppo grave per essere ignorata dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, che ieri ha aggiunto alla già prevista visita a Treviso una tappa a Padova, in prefettura. Un «blitz» di un’ora e 20, dedicato all’incontro con Tamara, la seconda vittima del nigeriano che il 9 febbraio sempre a Bagnoli aveva tentato di stuprare una ventenne, e poi un vertice con il prefetto Renato Franceschelli e i sindaci Roberto Milan (Bagnoli), Gianluca Piva (Agna) e Alberto Panfilio (Cona), nel corso del quale è stata ricordata Sandrine Bakayoko, la 25enne ivoriana morta a gennaio nella base di Cona per un’embolia polmonare. Nessun contatto con i giornalisti e una parola d’ordine: svuotare gradualmente i due hub di Cona (1200 presenze) e Bagnoli (800), per arrivare alla loro chiusura. «E’ andata bene — rivela Piva — il ministro, che conosce molto bene la situazione delle due ex basi militari trasformate in centri di accoglienza per richiedenti asilo, si è impegnato a ridurne i numeri per arrivare alla chiusura. Ci ha dato il suo cellulare, per restare in contatto diretto». «Abbiamo aperto il dialogo per intraprendere insieme il percorso che ci porterà alla chiusura dei due hub», aggiunge Milan dopo aver consegnato a Minniti e a Franceschelli la diffida a: «attuare una progressiva e consistente riduzione del numero degli ospiti presenti nel centro di Bagnoli, interrompendo immediatamente il flusso in ingresso dei richiedenti protezione internazionale, escludendo qualsiasi nuovo inserimento e organizzando l’uscita e la ricollocazione delle persone attualmente ospitate; fissare un termine ravvicinato per la chiusura definitiva del centro che, istituito il 2 novembre 2015 con natura temporanea, deve avere durata limitata nel tempo».
«Il ministro non vuole gli assembramenti di Bagnoli e Cona — rincara Milan — intende chiuderli, è un obiettivo che si è prefissato e ha detto che i flussi in entrata saranno interrotti tra maggio e giugno, quando andranno a regime gli accordi con la Libia. Aspettiamo i risultati a breve, da 800 profughi dobbiamo passare a zero e chiediamo siano definite le date di chiusura. Minniti ha promesso di ridurne le presenze già nelle prossime settimane e noi vigileremo. Se non sarà così, alzeremo le barricate». Un programma completato dall’impegno a far bocciare dal Consiglio dei ministri l’ampliamento di Cona, attraverso l’installazione di «casette» con una capacità di 400 posti. «Ho messo subito sul piatto il problema — dice Panfilio — e sembra che Minniti possa intervenire affinché il Consiglio dei ministri non approvi i moduli abitativi che renderebbero stabile una soluzione paventata, nel luglio 2015, come emergenziale. Cona è disponibile a soffrire ancora un po’ se c’è un progetto serio di diminuzione immediata dei migranti e la certezza in futuro di non averne più così tanti sul territorio».
Ma se si svuotano Cona e Bagnoli dove saranno sistemati i profughi, visto che le strutture ricettive del Veneto sono piene? «Il ministro ci ha annunciato che sono in corso trattative per aprire nella nostra regione altri siti da 100/120 posti (ex caserme, ndr) nei quali redistribuire i richiedenti asilo — aggiunge il sindaco di Cona —. In più ha parlato di rimpatri forzati per chi non ha diritto a rimanere. Noi siamo disposti ad attuare l’accoglienza diffusa ma vogliamo proposte risolutive, sennò continueremo con la protesta. Mi piacerebbe poi che chi governa ci dicesse come pensa di affrontare un altro problema: se verrà riconosciuto lo status di rifugiato ai 1800 soggetti che ne hanno fatto richiesta, usciranno dal programma di protezione e allora si riverseranno sui nostri territori senza casa nè lavoro. Anche questa sarà una disgrazia per tutti».
Ma bisogna procedere per priorità e tra queste Minniti ha inserito l’incontro con Tamara. «E’ stato veramente un bel gesto, importante — commenta Milan — l’aggressione evidenzia quali siano gli effetti delle grandi concentrazioni, che meritano la chiusura solo per questo episodio. Sono andato a trovare Tamara e mi ha detto: voglio solo dimenticare, chiudere questa vicenda. Sono contenta che abbiano preso il mio aggressore, ma io non ho mai avuto niente contro i profughi, non sono mai stata nemmeno nel comitato anti-hub, mi sono sempre relazionata con loro. Ho chiesto a Minniti di incontrare anche la prima ragazza aggredita — aggiunge il sindaco — e lui ha detto che vedrà se riesce». Intanto Tamara si è presa dieci giorni di vacanza. «E’ andata in montagna — spiega papà Berto — vuole allontanarsi da tutto per un po’. Ci vuole tempo per riprendersi, non è facile superare un trauma del genere, lei non dorme più, ha paura ad uscire la sera e io penso con rabbia che il colpevole sarà fuori tra qualche giorno. Il prefetto è venuto a casa lunedì, le ha detto: sei stata brava a tenere la mente fredda e a reagire. Ma chi le paga i danni? I profughi sono ospiti e alle 17.30 dovrebbero avere il coprifuoco. E invece siamo noi a doverci chiudere in casa».