Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
OPERE, SFIDE PERDUTE E DA VINCERE
E’da sperare che la soluzione trovata, dolorosa ma difficilmente evitabile, del problema del finanziamento dell’autostrada Pedemontana veneta, consenta di veder presto realizzata quest’opera «di interesse nazionale, anzi europeo». Stiamo parlando, per chi se ne fosse dimenticato, di una tratta dell’asse stradale del Corridoio visionariamente immaginato alla fine degli anni ’80 come «LisbonaKiev», inserita nella pianificazione veneta nel 1990, e tra gli oggetti dell’ accordo quadro tra il governo e la Regione del Veneto dell’1 agosto 1997. Un ritardo di più di venti anni che ha impedito al Veneto di sfruttare appieno la spinta dell’allargamento ad est dell’Unione alla «nuova Europa» post-sovietica. Per oltre due decenni si sono «incassati», tanto per l’asse stradale quanto per il parallelo asse ferroviario, dei suggestivi cambiamenti nominali (da Corridoio V a Progetto prioritario 6 a Core Corridor Mediterraneo) tutti dettati dall’evolversi della prospettiva «europea» che ha coinvolto Spagna e Portogallo (2012) nella estensione del tracciato della Lione-Venezia-Trieste del 1996 fino al confine ucraino (2004). Una grande prospettiva che al Veneto ha però lasciato poco più della pur apprezzata eliminazione del «valico di Mestre», dell’alta velocità Mestre-Padova e, «eterogenesi dei fini», di un avvicinamento ai mercati dell’est via Tarvisio: stradale, già oggi, ferroviario, grazie agli austriaci, tra qualche anno.
Un po’ poco per la regione simbolo dello sviluppo «modello Nordest», che in quegli anni trainava l’economia italiana . Purtroppo non è la prima sconfitta veneta sul terreno della competizione territoriale a grande scala. Né rischia di rimanere l’ultima. Non è la prima, perché il Veneto dei primi anni settanta, gli anni nei quali contava solo esportare in Germania, non è riuscito a imporre la sua direttrice, né stradale né ferroviaria, verso Monaco di Baviera, né di arrivare più facilmente a Trento per sfruttare il Brennero anche nel verso da sud a nord e non solo da nord a sud come, fortunatamente, si è fatto attrezzando il nodo di Verona. E rischia di non essere l’unica se, oggi che conta solo esportare fuori d’Europa, nel resto del mondo da raggiungere via mare, il Veneto non si attrezza per sfruttare l’occasione costituita dalla sua portualità, che ha la fortuna di essere collocata , a Venezia, nel punto che minimizza il costo di trasporto lungo l’intera catena logistica dall’Europa all’oltre Suez, e viceversa. E non solo da e per la Cina che, peraltro, Venezia e il Veneto di suo li ha già messi nel mirino della sua evocativa «nuova» Via della Seta marittima. Una ulteriore sottovalutazione veneta della via «infrastrutturale» allo sviluppo potrebbe costare ai nostri figli più cara di quanto non siano costate a noi le sottovalutazioni del passato.