Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Padiglione Italia Il mondo magico di Cecilia Alemani

BIENNALE ARTE La curatrice del Padiglione Italia Alemani svela l’esposizion­e che dal 13 maggio sarà a Venezia. Protagonis­ti Giorgio Andreotta Calò, Roberto Cuoghi e Adelita Husni-Bey

- D’Ascenzo

Il «mondo magico» di Cecilia Alemani, nata a Milano, classe 1977, scelta quasi un anno fa dal ministero dei Beni culturali per curare il Padiglione Italia alla prossima Biennale d’Arte di Venezia, è il mondo di tre artisti nati tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80: Roberto Cuoghi, Giorgio Andreotta Calò e Adelita Husni-Bey. Il progetto è stato presentato ieri a Roma e il Padiglione Italia sarà aperto dal 13 maggio al 26 novembre negli spazi delle due Tese delle Vergini e del Giardino delle Vergini all’Arsenale: quasi 3mila metri quadri. La Alemani da anni vive a New York, dove dal 2011 cura il programma d’arte pubblica della High Line. E’ sposata con Massimilia­no Gioni, curatore della Biennale d’Arte del 2013 e da poco è diventata mamma.

La vera notizia è che nel Padiglione Italia ci saranno «solo» tre artisti! Ha resistito alle pressioni?

«Ma, a parte qualche proposta su Facebook non ho ricevuto grandi richieste! Il bando del ministero era chiaro fin dall’inizio: gli artisti dovevano essere in un numero limitato. Gli altri Padiglioni hanno un artista solo e hanno più successo del nostro...Ritengo che il nostro Padiglione debba essere anche il posto dove correre dei rischi e non sistematiz­zare. Ho voluto dare fiducia ai nostri giovani artisti e non metterli sulle spalle dei maestri degli anni ‘70».

Il mondo magico. Da dove viene questo titolo?

«L’ispirazion­e è un libro di Ernesto De Martino, filosofo e antropolog­o napoletano del secolo scorso che scrisse nel ‘48. Era il primo libro in cui De Martino iniziò a studiare il concetto di magia che per lui era quello strumento con cui l’umanità e gli uomini potevano vincere un momento di crisi esistenzia­le riafferman­do la propria presenza nel mondo. Con questa lente ho letto il lavoro di tre artisti la cui opera è ricca di riferiment­i al mito, alla mitologia e all’immaginari­o. Questo non vuol dire che ci saranno le streghe in mostra! Vogliamo guardare all’artista non solo come produttore di opere ma anche come un artefice di mondi complessi e universi paralleli. La mia speranza è che entrando nel Padiglione si possa avere un’esperienza delle opere leggendole attraverso un riferiment­o al magico. Gli artisti sono stati invitati a creare un dialogo profondo con la struttura - bellissima - costrui- ta nell’800 come deposito del carbone e non a “combatterl­a” come in passato».

Ci parli dei suoi artisti.

«Giorgio Andreotta Calò è un veneziano doc, ha una carriera internazio­nale iniziata ad Amsterdam, poi è tornato a vivere qui. I suoi lavori sono estremamen­te connessi col paesaggio lagunare ed è uno dei motivi per cui l’ho scelto. Roberto Cuoghi è il più conosciuto del gruppo, è un artista la cui opera si incentra sul concetto di metamorfos­i e trasformaz­ione dell’identità. Produce opere con media diversi, alla Biennale ci saranno una serie di sculture. L’altra artista è Adelita Huni-Bey, è la più giovane, vive a New York e fa video. Lei fa workshop con alcune comunità, come adolescent­i, bambini o pensionati, passa insieme a loro diverse settimane e mette in atto dinamiche prese dal teatro sperimenta­le o dalla pedagogia radicale e con queste crea una nuova dinamica nel gruppo».

L’arte contempora­nea è rimprovera­ta di essere criptica. Non teme questo giudizio per il suo Padiglione?

«Ho superato l’idea che l’arte sia criptica. Penso che per funzionare l’opera d’arte debba avere diversi punti di entrata. Io che sono magari più dentro all’arte posso leggere dei riferiment­i, un’altra persona può leggerla in maniera completame­nte diversa. La forza dell’arte è quella di aprirsi a un dialogo».

Cuoghi era stato selezionat­o anche da suo marito nel 2013. Imbarazzi?

«E’ uno degli artisti più famosi in Italia. Non l’ho scoperto certo grazie a Massimilia­no. Roberto era stato scelto anche nel 2009. Gli artisti non appartengo­no ai curatori. Non significa che se mio marito lo mette in una mostra io non ci posso lavorare o lui non possa lavorare con Adelita. La cosa bella di fare lo stesso lavoro è anche la possibilit­à di avere un dialogo, uno scambio. E’ un fatto, siamo sposati: ma non c’è nessun problema».

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Curatrice Cecilia Alemani scelta per il Padiglione Italia
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