Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il suo volto appare in tv i detenuti lo minacciano la polizia lo scorta in cella «Nessun pentimento»

- di Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Mihail Savciuc è entrato nel carcere di Santa Bona con in testa l’inseparabi­le cappellino da rapper e una maschera di freddezza. Un detenuto tra gli altri, fino alle 19.30, quando le television­i degli spazi comuni hanno diffuso il telegiorna­le e il suo volto è apparso sullo schermo come quello di un brutale assassino che ha ucciso a sassate l’ex fidanzata incinta, le ha strappato i gioielli e se li è rivenduti al «Compro Oro» per giocare ai videopoker.

In quel momento Mihail non è più stato un detenuto qualunque perché si sa, il codice del carcere non perdona chi commette certi reati. E i detenuti di Santa Bona hanno fatto capire chiarament­e che non erano disposti ad accettare la presenza del responsabi­le dell’omicidio di Irina e del piccolo che cresceva dentro di lei. Per questo la direzione del carcere e gli agenti di polizia penitenzia­ria sono dovuti intervenir­e subito, scortando il 19enne in cella d’isolamento per evitare che finisse linciato.

Una situazione che difficilme­nte si risolverà, tanto che il ragazzo potrebbe essere presto trasferito nel carcere di Pordenone, dotato di un’area «protetti». Ma neppure questo è sembrato smuovere la freddezza del suo atteggiame­nto, non ha pianto davanti al giudice che lo interrogav­a per la convalida del fermo. Nemmeno con il suo avvocato. Ed è ciò che inquieta ancora di più in questa storia: la totale, forse apparente, assenza di rimorso. Che trapela da ogni sua azione. Da quella di occultare il cadavere a quella di vendere al «Compro Oro» i gioielli strappati al cadavere di Irina. Ha venduto anche il telefono della ragazza. Non lo ha confessato questo, Mihail, e gli inquirenti cercavano quel telefono. Ma venerdì mattina il titolare di un negozio che riconverte cellulari leggendo i giornali ha capito di averlo inconsapev­olmente comprato dall’assassino e l’ha portato in commissari­ato.

A Conegliano Mihail lo conoscevan­o in tanti, ci aveva vissuto fino a un anno fa, poi si era trasferito con la famiglia a Godega. Ma nella città del Cima trascorrev­a gran parte delle sue giornate. Era uno dei frequentat­ori di quella «terra di nessuno» che è l’area del Biscione. Con il piglio del capobranco, tra omologhi in felpa e sneakers, una bevuta al bar, una giocata al Bingo e gli amati videopoker. Un ritratto che contrasta con quello che lo aspettava a casa, un papà gravemente malato e una mamma e una sorella da aiutare. Il giovane studiava con profitto all’Ipsia Pittoni, e aveva un lavoretto in pizzeria. Un bravo ragazzo secondo i vicini di casa, tra i quali c’è anche chi prova a difenderlo, come un’anziana, che dice: «Non lo perdono per quel che ha fatto, ma anche lei ha le sue responsabi­lità». Come se voler far nascere un bambino, frutto di un amore giovanile, possa in qualche modo giustifica­re una simile barbarie, commessa da un giovane uomo che appare vuoto di valori e pieno di vizi. Quei vizi che l’hanno tradito.

La prima volta che gli investigat­ori l’hanno portato in commissari­ato, prelevando­lo a scuola, ha finto di non sapere nulla di Irina. Ma non li ha convinti e hanno deciso di controllar­e il suo profilo Facebook, scoprendo così dei messaggi intercorsi tra lui e il «Compro Oro» di Godega al quale aveva venduto i gioielli di Irina. Il titolare gli ha scritto che doveva passare in negozio urgentemen­te, perché si era accorto che quei monili valevano meno degli 80 euro che gli aveva dato. E lui in negozio ci è andato subito, spostandos­i poi, per chiarire la questione, nel vicino bar dove era solito giocare alle slot machine.

E’ lì che lo hanno prelevato gli agenti. Davanti ai conoscenti per i quali era un bravo ragazzo.

Potrebbe essere trasferito a Pordenone, ha una sezione «protetti»

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