Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Rubavano armi per venderle alla mala arrestati due pompieri e due militari
Invii continui da Padova alla Sardegna. Un piano per trafugare la salma di Enzo Ferrari
PADOVA Due vigili del fuoco — Renato Bazzan, 58 anni di Conselve e capo distaccamento di Este, e il figlio Willy, pompiere «a chiamata» 29enne —, un luogotenente dell’esercito — Giuseppe Mattei, 56enne di Cadoneghe — e un civile dipendente pure lui del ministero della Difesa — Paolo Paris, 52enne di Stanghella — da ieri mattina sono in carcere. Accusati dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari di essere gli «armieri» di un’organizzazione criminale con base in Sardegna e ramificazioni in Veneto, Lombardia, Emilia e Toscana e dedita al traffico di droga e di armi, a rapine a banche e negozi, a estorsioni e assalti ai portavalori. La stessa rete delinquenziale progettava il furto della salma del patròn della «rossa», Enzo Ferrari, sepolta nel cimitero di Modena. Erano già stati compiuti sopralluoghi e definite la modalità di custodia e di gestione dei contatti con i familiari, ma il piano è stato sventato dai carabinieri di Nuoro. Gli stessi che all’alba di ieri in mezza Italia hanno compiuto il blitz decisivo dell’operazione «Tutti innocenti»: nel mirino 45 persone. In manette 23 (quattro ai domiciliari), per 11 è scattato l’obbligo di dimora e per altre 11 la denuncia. In quest’ultimo gruppo figurano i padovani Massimo Solitto, 54 anni di Conselve, e Raffaele Paladini, 52 di Saonara, collezionisti di armi accusati di averne comprate da Renato Bazzan pur consapevoli della provenienza illecita.
Le indagini, partite nell’ottobre 2007 dal sequestro in Sardegna dei coniugi Giampaolo e Pietrina Cosseddu che ha portato alla luce prima il traffico di droga e poi quello di armi riconducibili al «capo» Giovanni Antonio Mereu, 47enne di Orgosolo (Nuoro) ma trasferito a Parma, sono arrivate ai quattro veneti attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali. E all’alba di ieri i carabinieri hanno sequestrato 600 armi di vario genere a casa di Renato Bazzan, 10 tra carabine e pistole a Willy, qualche decina di Beretta, fucili e doppiette a Mattei, un fucile e una pistola a Paris. Tutti regolarmente detenuti ma prelevati insieme alla relativa documentazione di compravendita e cessione, per capire se la loro provenienza sia lecita o meno. Secondo il gip del Tribunale di Cagliari i padovani avevano «il ruolo di abituali fornitori di un rilevante numero di armi da sparo, comuni e da guerra, tra le quali pistole semiautomatiche..., fucili mitragliatori..., Galil di produzione israeliana. Armi che per la maggior parte venivano trafugate dal 15esimo Centro rifornimenti e mantenimento di Padova, struttura dell’Esercito italiano incaricata della distruzione delle stesse, sequestrate o conferite dal luogotenente Mattei e dall’impiegato addetto alla distruzione Paris e quindi consegnate al perito balistico Renato Bazzan. Che dopo aver provveduto, quando necessario, a riassemblarle e a clandestinizzarle (cancellava il numero di matricola e a volte lo sostituiva, ndr), le cedeva a Mereu con la collaborazione di suo figlio Willy, che si occupava di trasportare le armi da Conselve alla casa di Mereu in provincia di Parma».
«Fiumi di armi», dicono i carabinieri, trasportate anche da camion in mezzo alla legna, e che ha fruttato ai quattro centinaia di migliaia di euro. Dalle intercettazioni spuntano fuori diversi pagamenti: 13.400 euro, 86mila, 6.100, 12mila, 20mila, 1950, 30mila. «Renato Bazzan è un esperto conoscitore, manutentore e riparatore di armi da fuoco — scrive ancora il gip — tant’è che svolge l’incarico di consulente tecnico per diverse Procure. Questa capacità gli ha permesso di allacciare diversi rapporti con militari delle forze armate (ma si parla anche di un carabiniere e di un poliziotto, ndr) e in particolare con alcuni effettivi del Cerimant di Padova e dell’Arsenale militare di Terni». E’ lui che tiene i contatti e incontra Mereu, che «si fa pagare anche i pezzi di ricambio» e va in contrasto con Paris, pronto a rinfacciargli ammanchi di denaro, errori di calcolo nei suoi compensi e un fare «troppo da commerciante». Fino a minacciarlo di «riprendersi le sue cose e smaltirle». Bazzan preoccupa pure Mereu, che confida a Roberto Mezza (ora ai domiciliari): «Sta esagerando con le vendite e aumenta i rischi. Solo io in certi mesi ho comprato 87 pistole. Gli ho detto stai attento!». E aggiunge: «Ha un capannone saturo di casse piene di roba proveniente dall’Esercito italiano. Ma se arriva un controllo là?». Mezza replica: «E’ entrato al Cerimant con la macchina col rimorchio e ha portato fuori casse di carabine calibro 22, fucili Enfield, G3 e G41». Al Comando dei vigili del fuoco di Padova sono sotto choc: «Sapevamo che aveva la passione delle armi ma è sempre stato affidabile, un riferimento per tutti. E tra sei mesi sarebbe andato in pensione».