Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’autopsia: Irina è stata stordita con una pietra e poi strozzata In grembo un maschio di 6 mesi
CONEGLIANO Irina è stata strozzata da Mihail, che le ha premuto le mani sul suo collo per alcuni interminabili minuti fino a uccidere lei e il suo bambino, un maschietto, di 6 mesi di gestazione. E’ questa la causa della morte della ventenne moldava, uccisa dall’ex fidanzato Mihail Savciuc domenica 19 marzo e ritrovata tre giorni dopo nel bosco di Manzana.
Lo ha stabilito l’autopsia effettuata dal medico legale incaricato dalla procura Alberto Furlanetto, che ha accertato la morte per asfissia meccanica violenta delle vie aeree. Non per i colpi, almeno due alla testa e alla guancia, inferti con violenza e con un corpo contundente di una certa dimensione, compatibile con il sasso che Mihail ha detto di aver usato e poi «avvolto nei fazzolettini per non sporcare di sangue l’auto», per gettarlo poi nel Monticano. Sul corpo di Irina non c’erano altre lesioni significative, ma alcune tracce che racconterebbero di un tentativo di difesa della ragazza, seppure debole. Con Irina è morto anche il bambino che aspettava, che ieri il medico legale ha estratto dal suo grembo. Il peso confermerebbe una gestazione intorno ai 6 mesi, forse superiore, che sarà confermata da ulteriori esami. I campioni, saranno inviati a un laboratorio per l’esame genetico che ne stabilirà la paternità.
Vari i prelievi effettuati sul corpo di Irina per gli esami istologici e tossicologici, che dovranno chiarire quali fossero le sue condizioni al momento della morte. Se questa sia avvenuta nel bosco di Manzana, non è ancora stato chiarito. Perciò il perito ha prelevato anche alcuni campioni dagli abiti che la 20enne indossava e che potrebbero servire a confermare o smentire il racconto del suo assassino. Da chiarire, ancora, anche se l’omicidio è stato premeditato: per farlo gli inquirenti dovranno confrontare i risultati delle indagini con quelli dell’autopsia, alla quale hanno preso parte anche Giulio Lorenzini consulente dell’avvocato Daniele Panico difensore di Savciuc, e Alessandra Rossi per lo Studio 3A che, con l’avvocato Andrea Piccoli, assiste Galina Bacal, la mamma della vittima che ieri, per la prima volta, ha potuto vedere il corpo della figlia: «Non mi hanno fatto avvicinare – racconta molto provata -, l’ho vista pochi minuti. Aspettava un maschietto che io avrei cresciuto col cuore».