Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Poliziotto si uccide con la sua arma
L’uomo, 55 anni, si è sparato in un campo a Cavriè. Giallo sulle motivazioni
TREVISO Ieri mattina ha telefonato in ufficio, annunciando che avrebbe tardato mezz’ora. Poi più nulla fino a ieri pomeriggio, quando i suoi colleghi hanno trovato il suo corpo senza vita. Si era sparato con la pistola d’ordinanza il 55enne poliziotto A.P. in servizio alla sezione anticrimine della questura di Treviso.
Un gesto che, per la famiglia e i colleghi, per ora resta senza una spiegazione.
Ieri mattina l’agente, avrebbe dovuto prendere servizio alle 7.10 ma ha telefonato a un collega dichiarando: «Ho un problema, ritardo mezz’oretta e arrivo». Ma quella mezz’ora è diventata un’ora e tutti si sono insospettiti. Quel comportamento, infatti, non era da lui, che da persona sempre puntuale e affidabile mai avrebbe lasciato il lavoro senza spiegare il perché. Hanno iniziato a telefonargli, ma A.P. non ha mai risposto. Subito tra gli agenti è scattato il passaparola, e in molti hanno provato a cercarlo.
A casa sua, un appartamento situato nel quartiere di Fiera, alle porte del centro storico di Treviso, dal quale stava per trasferirsi. Ma anche nell’abitazione dell’ex moglie, a San Biagio di Callalta, dove vivono i due figli di 18 e 17 anni. Tentativi rivelatisi purtroppo inutili. Quel silenzio i tentativi - andati a vuoto - di rintracciare l’agente hanno reso ancora più grande la preoccupazione. Fino al tragico epilogo, alle 16.30 di ieri, quando alcuni colleghi hanno trovato l’auto del poliziotto in via Tagliamento, una zona di aperta campagna a Cavriè di San Biagio di Callalta. Il 55enne era all’interno della vettura, morto. Si era sparato con la pistola d’ordinanza. Pare che il poliziotto non abbia lasciato nessun biglietto, nell’abitacolo né a casa, per spiegare il perché del gesto estremo. Sconvolti i colleghi, che hanno avuto anche il difficile compito di avvertire la famiglia. Sono gli stessi colleghi che, adesso, stanno indagando per capire quale macigno interiore abbia indotto A.P. a togliersi la vita. Tutti lo ricordano, infatti, come una persona solare, che mai aveva manifestato problemi. Per molti anni aveva lavorato nell’ufficio di polizia giudiziaria della procura. Lo scorso anno, aveva vinto il concorso da sovrintendente ed era tornato a lavorare in questura, nella sezione anticrimine.