Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gara mortale, se la cava con 24 mesi
Sfidò l’amico a 150 all’ora, poi lo schianto e la fuga: rischiava 10 anni, gliene infliggono 2
CASTELLO DI GODEGO Due anni di condanna per Daniel Mihali, il 27enne romeno a processo per la morte dell’amico durante una gara clandestina tra auto. Il giovane è stato giudicato ieri con rito abbreviato dal gup Umberto Donà, che ha accolto le richieste della procura: 24 mesi appunto, con sospensione condizionale e non menzione. Ne rischiava almeno dieci, di anni, per i reati dei quali era chiamato a rispondere: omissione di soccorso, morte come conseguenza di altro delitto e, soprattutto, organizzazione di competizioni non autorizzate di velocità, con l’aggravante della presenza di una persona deceduta. La difesa, però, si è battuta a colpi di perizie e la stessa procura ha presentato una richiesta, scontata di un terzo per il rito, partendo dalla base di 6 anni.
Mihali, difeso dall’avvocato Simone Guglielmin, era finito a processo per la morte di Timis Mircea, 24enne suo connazionale residente a Loria, morto il 9 agosto 2015 a Castello di Godego. La causa di quell’incidente era stata, secondo la procura, una gara clandestina corsa a oltre 150 chilometri all’ora, gara ingaggiata tra il giovane e l’amico, contro la cui auto si è scontrato prima di andare a sbattere su tre pali della luce, per poi finire di traverso sulla pista ciclabile. Uno schianto tremendo, nel quale si è evitata la strage solo perché in strada non c’era nessuno. Mircea era morto sul colpo. Mentre l’amico fuggiva a bordo della sua Bmw 530. Ad incastrarlo, però, era stata una testimone, che aveva annotato il suo numero di targa.
Ieri la sentenza davanti al gup, che ha disposto anche la revoca della patente e ha condannato Mihali a versare alla parte civile, costituitasi con l’avvocato Chiara Tartari, una provvisionale di 23 mila euro, rinviando la definizione del risarcimento danni in sede civile. Una sentenza accolta con sollievo dai famigliari di Mircea: «La famiglia non ha mai cercato una pena esemplare per mettere in croce qualcuno – spiega l’avvocato Tartari -, voleva solo una condanna che certificasse come Timis fosse morto per colpa di una gara clandestina». È invece pronta a dare battaglia in appello, la difesa: «Abbiamo sempre sostenuto che non c’è stata nessuna gara – ribadisce l’avvocato Gugliemin - e per questo, lette le motivazioni del giudice, presenteremo appello per far cadere questa accusa».