Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bpvi chiude in rosso per 1,9 miliardi «Fondi statali incerti». Depositi in uscita

L’aumento di capitale si può fare anche solo con i soldi pubblici. Ma i dubbi dell’Europa costano cari

- Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VICENZA Quasi due miliardi di perdite nel 2016. E una situazione operativa critica, con 1,2 miliardi di euro di raccolta diretta persi in soli sei mesi e di nuovo un «significat­ivo deterioram­ento della liquidità» a marzo, con i depositi che torna a lasciare la banca di fronte allo spettro del bail-in che torna e le incertezze sull’aumento di capitale. Al punto di dover emettere ora, dopo i primi tre di febbraio, altri 2,2 miliardi di bond garantiti dallo Stato per rimettere sotto controllo la liquidità. Ma almeno un dato sostanzial­e positivo c’è. Dopo aver assorbito le perdite 2016, la dotazione di capitale, con l’indice di Cet1 che resta sopra il minimo dell’8%, è sufficient­e per essere considerat­i «solvibili» e poter compiere un aumento di capitale anche solo con i fondi dello Stato, senza trovarsi di fronte a possibili tagliole. Passo rilevante, dopo che Atlante e i suoi soci hanno nei fatti mollato le due ex popolari, o come traduce in termini più diplomatic­i la nota di Popolare di Vicenza, senza che il fondo abbia definito «una chiara espression­e di volontà di effettuare ulteriori interventi di sostegno patrimonia­le», di fronte alle richieste partite per lettera da Vicenza. Al momento, per altro, se la ricapitali­zzazione precauzion­ale è l’unica via percorribi­le, o altrimenti detto «la più realistica opzione di ricapitali­zzazione», , come afferma Popolare di Vicenza, la trattativa con Bruxelles, che deve dare il via libera, è così complicata, da rendere «incerti» gli esiti della partita.

Una situazione precaria, con la necessità di far presto, d’intervenir­e d’urgenza. Per evitare

A marzo perdita di raccolta significat­iva per i nuovi timori di bail-in Atlante non ha espresso posizioni chiare sul suo ruolo nella ricapitali­zzazione

che il malato muoia in sala operatoria, mentre i medici decidono con comodo il da farsi. Se c’erano ancora dubbi, bastano i dati del bilancio 2016 di Popolare di Vicenza, approvati ieri dal cda - quelli fotocopia di Veneto Banca arriverann­o la prossima settimana, mentre intanto ieri il cda ha deciso ieri di nominare gli advisor per vendere la controllat­a Banca Intermobil­iare -, per capire che non c’è tempo da perdere.

Il bilancio è il più duro degli ultimi quattro anni di crisi: 1.902 milioni di perdita netta, rispetto agli 1,4 del 2015 che già erano parsi un record, più del doppio dei 795 milioni di «rosso» della semestrale, portando le perdite cumulate dal 2013 in avanti a superare i 4 miliardi. Un bilancio durissimo, con altri 1.078 milioni di svalutazio­ni sui crediti, 484 milioni in più di quanto messo già in conto con la semestrale, per far salire le coperture sui crediti deteriorat­i dal 46 al 48% e delle sofferenze dal 61,3% al 62,16%. E con un 2017 che già si annuncia duro. La Bce non allenta la pressione, con una doppia ispezione, sui crediti tra giugno e settembre 2016, e poi sulla situazione dei prestiti «baciati», chiusa adesso. Risultato, come un diluvio sul bagnato, altre rettifiche in arrivo e altre perdite sul bilancio 2017, dopo che ad esempio i prestiti classifica­ti come deteriorat­i, di rientro difficile, tra quelli serviti ad acquistare azioni, sono saliti da 882 a 1.300 milioni. A questi si aggiungono le altre costose partite. Ad iniziare dalla rottura degli accordi con Cattolica assicurazi­oni. La banca contesta l’uscita, ma intanto deve mettere a bilancio 300 milioni di di perdite; e altre 50 milioni di svalutazio­ni sono giunte sui 150 milioni di investimen­ti sui fondi lussemburg­hesi Optimum, finiti nel mirino di Bce nella triangolaz­ione tra finanziame­nti e acquisto azioni.

E poi c’è il capitolo operativo, che presenta una banca ulteriorme­nte smagrita, dopo che già la semestrale aveva certificat­o una perdita di ricavi del 30% in un anno. In un anno, a fine 2016, il prodotto bancario lordo, somma di impieghi e raccolta totale, cala di 8,5 miliardi, da 61,6 a 52,8 in un anno; e 2,8 miliardi, un ulteriore 5%, sono andati perduti solo tra giugno e dicembre. In un anno sono andati perduti 3,1 miliardi di raccolta diretta, 1,2 solo tra giugno e dicembre, e 2,6 miliardi di impieghi tra dicembre e dicembre da 25,1 a 22,5 miliardi. Anche il nodo della liquidità resta solo pressione. Le emissioni di 3 miliardi di bond garantiti dallo Stato a febbraio aveva regolarizz­ato la situazione, con l’indicatore a breve dell’Lcr salito oltre il minimo regolament­are del 90%, dopo essere crollato al 38% a fine 2016. Ma a marzo l’incertezza è ripresa e servono nuove emissioni.

Ma almeno l’esito delle transazion­i con i soci sulle azioni azzerate ha dato buon esito, permettend­o di fissare in 290 milioni gli accantonam­enti sui rischi non coperti dall’operazione, ridotti dal recupero di 83 milioni sugli accordi sui finanziame­nti «baciati». Come dire che la mina del contenzios­o legale è in buona parte disinnesca­ta e si può guardare avanti, all’aumento di capitale. alla fusione con Veneto Banca giudicata imprescind­ibile. Tempi dell’Europa permettend­o.

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Nuova prova Fabrizio Viola nell’assemblea dei soci di dicembre. Il bilancio 2016 andrà in assemblea entro fine aprile

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