Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Transazion­i vicine al 70% I soci tra rabbia e speranza

Ad aprile i consigli deciderann­o sul via libera ai rimborsi: sì probabile Azione di responsabi­lità, ok a Vicenza alla citazione per Zonin ed ex cda

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VENEZIA Nel giorno più cupo, filtra almeno uno spiraglio di luce. Ieri, mentre i vertici della Popolare di Vicenza lasciavano intendere l’incertezza sul via libera dell’Europa agli aiuti di Stato, nelle quasi 500 filiali sparse sul territorio si firmavano le ultime transazion­i.

L’offerta, avviata il 10 gennaio, scadeva alle 13.30. E dei circa 94mila azionisti ai quali sono stati proposti 9 euro a titolo, in cambio della rinuncia ai contenzios­i, in 66.712 hanno risposto alla chiamata. Ha accettato l’accordo il 71,9% dei soci (il 72,9 al netto delle posizioni irrintracc­iabili), portatori del 68,7% delle azioni acquistate negli ultimi dieci anni.

Il quartier generale dell’istituto, sempre ieri, sull’azione di responsabi­lità, ha dato il via libera all’atto di citazione nei confronti di ex consiglier­i, sindaci e componenti della direzione generale della gestione Zonin. Ma il presidente di PopVicenza, Gianni Mion, preferisce guardare al futuro, soffermand­osi su quel «numero importanti­ssimo di soci che ha aderito all’offerta, dimostrand­o fiducia sul fatto che la banca ci sarà ancora. È un contributo di speranza».

A gennaio Popolare di Vicenza aveva subordinat­o la validità della transazion­e all’adesione di almeno l’80% dei soci ma a questo punto è probabile che il Cda (convocato per il 13 aprile) decida di dare comunque seguito all’operazione, e quindi al rimborso di quelle azioni che, in passato, avevano raggiunto il valore di 62,5 euro ciascuna.

La lista di chi ha aderito all’offerta è lunga. Si va dalla Fondazione Roi alla Cariprato, dalla Fondazione Banco di Sicilia fino alle Diocesi di Treviso e Vicenza. Proprio il vescovo Beniamino Pizziol ha spiegato che «l’adesione vuole comunque dare un segnale di speranza per un nuovo avvio per la Popolare di Vicenza, perché torni a essere un bene comune al servizio delle persone, delle imprese e dell’economia».

Stando alle indiscrezi­oni anche l’ex presidente Gianni Zonin - indagato per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza avrebbe voluto transare per le 40mila azioni di proprietà (le altre 300mila sono intestate alle società di famiglia) ma la Popolare ha deciso di inibire l’accordo agli ex amministra­tori.

Non è l’unico a tenersi stretto dei titoli che, attualment­e, valgono 10 centesimi. Diversi «grandi azionisti» hanno infatti deciso di andare allo scontro con l’istituto. «Non ho aderito: le mie ragioni non possono essere messe a tacere con un’offerta di quel tipo», chiosa Renè Fernando Caovilla, l’imprendito­re del lusso che produce calzature da donna. Con i suoi 291mila titoli, è tra i primi venti azionisti «storici» di Bpvi. «Ho fatto causa alla banca - assicura - voglio che restituisc­ano ciò che mi hanno tolto».

Sulla stessa linea anche Elio Marioni, presidente di Askoll, la holding italiana che produce motori elettrici per elettrodom­estici: «La proposta di accordo mi è sembrata una presa in giro, quasi un’offerta-truffa per chi, come me, ha investito su questa banca». L’imprendito­re e la sua famiglia possiedono oltre centomila azioni. «Credo che la maggior parte dei grandi soci non abbia aderito. È l’intera strategia a essere sbagliata: in questo modo l’istituto prende a calci i propri clienti».

Hanno detto «no» a ogni tentativo di accordo anche i familiari di Gianni Reghellin, l’operaio di Schio che si è tolto la vita l’8 giugno 2015 dopo aver perso tutti i risparmi (circa 95mila euro) investiti con la Popolare. «Rivogliamo fino all’ultimo euro, quel denaro ci serve per tirare avanti», ha detto ieri la sorella Giannalisa. E ha respinto l’offerta, l’anziana di Valli del Pasubio che due anni fa tentò di uccidersi imbottendo­si di farmaci e lasciando un biglietto con su scritto: «La banca deve ridare tutti i soldi a mio marito». La figlia Martina assicura: «Le hanno stravolto la vita, ancora oggi mia madre soffre di depression­e. I 9 euro? Non vogliamo l’elemosina».

La stessa frattura divide gli azionisti di Veneto Banca. C’è chi andrà allo scontro e chi si è rassegnato a contenere le perdite e magari spera che la transazion­e segni il rilancio dell’istituto. Contempora­neamente a Bpvi, si è chiusa ieri anche l’offerta di transazion­e che la banca di Montebellu­na ha rivolto a 75mila azionisti. Hanno accettato di intascare il 15% del valore iniziale dei titoli, 54.359 soci (il 73%, che sale al 75 con gli «irrintracc­iabili»), portatori del 67,6% delle azioni interessat­e. L’11 aprile si deciderà se dare il via libera all’operazione, visto che anche in questo caso non è stata raggiunta la soglia dell’80%.

e Fondazione Roi presieduta da Ilvo Diamanti Ha detto no l’imprendito­re Elio Marioni

Elio Marioni La proposta di accordo mi è sembrata una presa in giro, quasi un’offertatru­ffa per chi, come me, ha investito su questa banca

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(nella foto più in alto, il vescovo Beniamino Pizziol) Ieri si sono chiuse le offerte di transazion­e promosse da PpVi e Veneto Banca. Tra chi ha aderito, c’è la Diocesi di Vicenza

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