Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il cardinale Dalla Costa «venerabile» Salvò 300 ebrei e snobbò Hitler
Chissà se il cardinale Elia Dalla Costa, percorrendo le strade e le mulattiere in sella a un asino per la sua prima visita pastorale in Mugello (correva il 1932), immaginava che un giorno sarebbe stato proclamato «Venerabile». A lui, uomo semplice, schivo e riservato, arcivescovo di Firenze dal 1931 al 1958, amico di Giorgio La Pira e figura di spicco del Novecento, va il merito di aver fatto rifiorire la vita spirituale della diocesi e di aver avvicinato alla Chiesa intellettuali e uomini di cultura. Ieri Papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche firmando il decreto con cui la Congregazione delle cause dei Santi lo eleva agli onori degli altari, preludio (in caso di miracolo) della beatificazione e della conseguente santificazione. Da parroco di Schio – dove rimase per 12 anni -, in provincia di Vicenza dove nacque, fu in prima linea nei soccorsi organizzando l’accoglienza di feriti, profughi e soldati di ritorno dal fronte. Per quest’opera gli venne conferita la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia e, il 23 maggio 1923, fu nominato vescovo di Padova, dove fece riparare oltre 50 chiese parrocchiali e canoniche, distrutte o danneggiate dagli eventi bellici. La berretta color porpora arrivò il 19 dicembre del 1931, allorquando Papa Pio XII gli affidò la sede metropolitana di Firenze. Il cardinale non si compromise mai con il nazifascismo, anzi durante la storica visita di Hitler a Firenze del 1938 fece lasciare le finestre del palazzo arcivescovile chiuse e non partecipò alle celebrazioni ufficiali, spiegando a chi gli era vicino che non poteva accettare che si venerassero «altre croci che non quella di Cristo», alludendo, evidentemente, a quella uncinata. Scese nelle strade bombardate per soccorrere i feriti e per pregare per i morti e fece di tutto per salvare 300 ebrei, opera che, nel 2012, gli è valso il riconoscimento di «Giusto fra le Nazioni»: Elia Dalla Costa fu l’artefice di una rete clandestina, insieme a Gino Bartali, che nel 1944 evitò a 300 giudei i campi di concentramento. Morì la mattina del 22 dicembre 1961, lasciando vari scritti. Nel gennaio del 1981, a vent’anni dalla morte, la diocesi di Firenze ha avviato la causa di beatificazione che con il riconoscimento delle virtù eroiche da parte di Papa Francesco segna un nuovo passo. «Il decreto del Papa - afferma il cardinale Giuseppe Betori, vescovo di Firenze - costituisce un ulteriore invito alla maggiore conoscenza della vita e dell’azione di Dalla Costa nella testimonianza di alta spiritualità e nella difesa della dignità delle persone nella tragedia della guerra e delle persecuzioni razziali che gli ha valso il titolo di “Giusto tra le nazioni”». In festa anche il paese natale di Dalla Costa, Villaverla, da dove il sindaco Ruggero Gonzo si dice «onorato dal fatto che il Santo Padre abbia riconosciuto la sua grandezza». E anticipa che «quando il cardinale Betori celebrerà la messa di ringraziamento io e tanti altri compaesani saremo a Firenze, con il nostro gonfalone». E ieri nella sua Vicenza la notizia ha colto di sorpresa anche Elia Dalla Costa, pronipote ed omonimo dell’arcivescovo: «È una notizia bellissima - ha detto — Erano tanti anni che se ne parlava. La memoria del cardinale Elia è sempre con me e nella nostra famiglia, ma questo è un giorno speciale, di gioia e commozione».