Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Veneto Banca, 30 milioni ai soci in difficoltà
Presentato il «Piano welfare» per aiutare gli azionisti post-2007 penalizzati dal crollo delle quotazioni I beneficiari stimati in circa quattromila, la metà in Veneto. Del plafond 10 milioni di euro ai casi più gravi
PADOVA Dei rumors di stampa secondo i quali la Bce (Banca centrale europea) avrebbe contestato il piano di fusione fra Veneto Banca e Bpvi il presidente di Montebelluna, Massimo Lanza, ieri non ha voluto parlare perché la questione è etichettata come inconsistente e limitata a una richiesta di maggiori dettagli sulla trimestrale. «Non c’è nulla di congelato - ha detto - e tutto procede secondo il percorso previsto».
Il cuore dell’incontro con la stampa è stato tutto per presentare il «Piano welfare» studiato per utilizzare al meglio i 30 milioni di euro resi disponibili da Atlante a favore dei soci-risparmiatori con forti disagi economici e sociali seguiti allo sgonfiamento del valore delle azioni. I timori dell’istituto sono essenzialmente due. Innanzitutto quello di non riuscire a dare abbastanza a tutti e poi di non ricevere richieste di aiuto da chi, pur in stato di necessità, abbia troppo pudore per presentarle.
Per il resto, il piano appare più puntuale di quello analogo lanciato dalla Banca Popolare di Vicenza regolato in modo secco dalla soglia Isee (l’indicatore di ricchezza patrimoniale e reddituale). E il regolamento potrebbe avere ancora ritocchi fino al 10 maggio, data da cui sarà operativo fino al 30 giugno o per un altro mese, a seconda dei due scaglioni in cui è stato suddiviso. I 30 milioni sono scomposti in due plafond, il «Fondo A» per 20 e il «Fondo B» per i rimanenti.
Il primo funziona in modo più meccanico, accogliendo istanze di chi abbia un reddito Isee minore o uguale a 13 mila euro e che abbiano acquistato titoli di Veneto Banca dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2016.
Ma le domande possono essere presentate anche da chi sia titolare di Isee fino a 26 mila euro perché, in funzione del numero di richieste e della capienza residua del fondo, anch’essi potranno ambire a un ristoro parziale. Per questo ci sarà tempo fino al 31 luglio.
Le assegnazioni degli altri 10 milioni saranno invece più delicate e affidate a una commissione di prossima formazione composta, oltre che da un rappresentante della banca, da esponenti della società civile come associazioni dei consumatori e organizzazioni no profit o della sanità. Si tratta d’individuare con la massima precisione le condizioni di maggiore disagio dovute a cause patrimoniali, occupazionali o di salute, così da garantire i migliori livelli di equità. Fino a prevedere, se possibile, un ristoro del 100% della perdita teorica individuale.
Ed è in questo contesto la sfida più alta anche perché, per una comprensibile interpretazione del concetto di dignità, potrebbe esserci chi preferisce restare silente e dunque rinunciare.
«Mi sentirei più tranquilla se arrivasse tutta gente arrabbiata e che batte i pugni - ha detto Paola Pierri, consigliere del Cda con delega al “Piano welfare” Così almeno saremmo sicuri di poter davvero provare ad andare incontro a tutti». La vera incognita, perciò, è la platea dei richiedenti. Essendo gli stessi nell’identico bacino di coloro ai quali è stata proposta l’Offerta pubblica di transazione (Opt) ogni numero è possibile, anche se una proiezione parla di circa quattromila soci, la metà in Veneto.
«Sono soldi dell’azionista e non di Veneto Banca - ha sottolineato il presidente - e non era scontato che Atlante li mettesse sul tavolo, comprendendo come anche questo passaggio sia fondamentale ai fini di una riacquisizione della fiducia».
Intanto, a Vicenza, la Banca Popolare venderà fino a 268 mila azioni, pari allo 0,68% del capitale di «Ima Spa» ad investitori qualificati italiani ed istituzionali esteri attraverso una procedura di acceletated bookbuilding. Ieri «Ima Spa», società emiliana con sede a Ozzano quotata a Milano (macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, the e caffè, controllata dalla famiglia Vacchi) ha chiuso a Piazza Affari con un valore per azione di 82 euro. Quindi, a prezzo invariato, l’operazione potrebbe fruttare a Bpvi circa 22 milioni di euro.