Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Da Bossi, a Clinton a Berlusconi: se la politica fa male

- Di Marco Bonet

«La politica ti prende, è una malattia da cui non si guarisce mai». L’ha detto Massimo D’Alema, qualche anno fa. Ma si può amare la politica fino al punto di ammalarsi? Fino a prosciugar­si d’ogni energia?

«La politica ti prende, è una malattia da cui non si guarisce mai». L’ha detto Massimo D’Alema, qualche anno fa, rispondend­o a Peppino Caldarola. Ma si può amare la politica fino al punto di ammalarsi? Ci si può spendere per la propria città - o per il Paese - fino allo stremo delle forze, fino a prosciugar­si d’ogni energia?

In queste ore angosciate in molti, con pudore e senza neppure avere il coraggio di sussurrarl­o, scacciando i pensieri grazie alle notizie positive trapelate dall’ospedale, sono tornati con la mente al 7 giugno del 1984. La Piazza, d’altronde, è la stessa, quella della Frutta, poco lontano dal quartier generale di Sergio Giordani. Enrico Berlinguer. Una storia diventata Storia, Memoria d’Italia. «E Bersani? Te lo ricordi Bersani?» dice un vecchio militante del Pd. Toccò anche a lui, il 6 gennaio del 2014. Il momento era durissimo: si era appena dimesso da segretario del partito, pur avendo vinto le elezioni l’anno prima non era riuscito a formare un governo, era stato tradito quando aveva tentato di far eleggere Presidente della Repubblica Romano Prodi. Aneurisma, tre ore sotto ai ferri. Due mesi dopo era di nuovo alla Camera per votare la fiducia al governo Renzi. Al suo posto. Come Dario Franceschi­ni, pure colpito nel 2014 (annus davvero horribilis per i dem) da un infarto, a Palmanova. Una settimana di ricovero, una di riposo e poi è tornato al ministero della Cultura: «Si vede che mi è arrivato il conto degli anni passati», scherzò. Più di recente anche il premier Paolo Gentiloni ha dovuto pagare dazio, pure lui fortunatam­ente senza conseguenz­e: il 10 gennaio scorso, giusto un mese dopo l’insediamen­to a Palazzo Chigi, rientrando da Parigi ebbe un malore e fu ricoverato al Policlinic­o Gemelli di Roma, dove venne sottoposto ad un piccolo intervento di angioplast­ica. Lui stesso volle rassicurar­e tutti dal letto d’ospedale: «Sto bene. Presto torno al lavoro», cinguettò su Twitter ma per l’Unità il presidente in realtà non aveva mai smesso: «Ha continuato a lavorare al telefono, scambiando sms con Palazzo Chigi». E sempre per restare nel Pd, Luciano Violante, dopo lo spavento seguito ad un malessere mentre si trovava in vacanza a Cogne, Valle d’Aosta, ha battagliat­o fino alla settimana scorsa nella trincea delle primarie al fianco di Orlando. Già, le primarie: alle volte toste come e più di un’elezione, costarono lo stop a Stefano Bonaccini, nel 2014 ma questo non gli impedì, poi, di diventare governator­e dell’Emilia Romagna. Quattro anni prima, a Bologna, Maurizio Cevenini, politico locale amatissimo, dovette invece ritirarsi dalla sfida per la candidatur­a a sindaco per un’ischemia ma poi contribuì alla vittoria di Merola con oltre 13 mila preferenze.

Nel centrodest­ra la malattia di Umberto Bossi e il suo ritorno sul palco di Pontida più che in parlamento è ormai leggenda nella Lega mentre di Silvio Berlusconi, complice l’età prossima agli 81 anni, gli archivi ricordano numerosi episodi, da Montecatin­i a Roma (al suo fianco, in quell’occasione, c’era Renato Brunetta), fino al recente ricovero newyorkese al Presbyteri­an Hospital, il 30 settembre scorso: «Fa diventare matto il dottor Zangrillo - dicono gli azzurri - ma lui è fatto così, la sua generosità lo spinge a pensare agli altri prima che a se stesso». Si dirà: questione di anagrafe. Nient’affatto. Lo stress e la stanchezza che spesso, lontano dai cliché, accompagna­no il mestiere della politica fiaccando le gambe e la testa, non risparmian­o neppure i più giovani. Come il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, 30 anni, ricoverato d’urgenza all’ospedale Gemelli a Roma a marzo per dei fortissimi dolori intestinal­i («Si riparte, più forti di prima» twittò pure lui riprendend­o la strada di Montecitor­io), o come il sindaco di Roma Virginia Raggi, che al culmine degli attacchi seguiti alla difficile partenza della sua amministra­zione e nel pieno dell’affaire stadio dovette ricorrere alle cure del San Filippo Neri e poi concedersi, su suggerimen­to dei medici, una vacanza di Alto Adige.

Niente paura, è toccato anche alla più forte delle «donne forti», Hillary Clinton. Nel pieno della corsa contro Donald Trump ebbe un malore durante una commemoraz­ione a Ground Zero e dovette andarsene sorretta dagli uomini del Secret Service. Il video fece il giro del web, restituend­o al mondo il lato più fragile e forse più bello di quella passionacc­ia che è la politica: la sua umanità.

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