Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Infrastrutture, il gap da colmare anche a Nordest
Non vi traspare il senso di urgenza, perché per il secondo anno consecutivo si rinvia ad un PGT (Piano Generale dei Trasporti) a venire, del quale non vi è traccia di avvio all’altezza dei suoi precedenti. Non vi si legge la consapevolezza dell’entità dello sforzo da fare (per averne una idea si pensi che la Norvegia, paese di superficie comparabile con l’Italia, ma con una popolazione della dimensione del Veneto, ha appena lanciato un piano di adeguamento infrastrutturale 2018-2024 con una previsione di investimenti per 113 miliardi di euro), né della urgenza di coinvolgere investimenti privati (le difficoltà che si oppongono a un possibile investimento di quasi un miliardo di euro nel porto di Venezia ne sono un esempio). C’è infine una pericolosa tendenza ad immaginare che si possa rispondere alle esigenze dell’economia e della società italiana con piccoli, progressivi adattamenti del sistema delle infrastrutture di trasporto esistenti, evitando di constatarne le macroscopiche obsolescenze, tecniche e geografiche. Eppure, non occorre attendere il promesso PGT per rendersi conto della progressiva maggior dipendenza dell’economia italiana dai mercati extra Ue (l’adeguamento dei porti è, di conseguenza, urgente come quello dei valichi alpini), dell’importanza crescente dei mercati asiatici ed africani oltre Suez, rispetto a quelli oltre Gibilterra, e di quelli del Mediterraneo orientale e del Mar Nero (priorità da assegnare all’Adriatico rispetto al Tirreno), dello spostamento a nordest della manifattura italiana e ad est di quella europea (Brennero, Tarvisio e l’oltre Trieste sono nodi stradali e ferroviari da mettere rapidamente a disposizione del baricentro della manifattura nazionale), della utilità di rafforzare un nodo infrastrutturale (strada, ferrovia, porto ed aeroporto) ed urbano attorno a Venezia per dare all’Europa l’aggregato metropolitano che le manca tra Milano e Lubiana e tra Bologna e Monaco di Baviera. Tutte scelte che la tanto bistrattata Unione Europea ha già fatto, mostrando una notevole capacità di lettura della evoluzione del rapporto tra sistema produttivo, sistema urbano e sistema infrastrutturale europei, e tradotto nelle sue programmazioni TEN-T strategiche dal 1994 al 2013 passando per il 2004. Se solo la politica infrastrutturale italiana ritornasse a tenerne conto, la crescita e la qualità della vita del Paese ne beneficerebbero moltissimo. Che il Veneto ne verrebbe messo in condizione di esprimere meglio le sue potenzialità è solo un dettaglio.